

Fumaioli e impalcature d’officine e armature rugginose, cascinali e fattorie
emergenti dalla scolorata pianura parlano dell'abbandono di queste terre di buon
lavoro dalle quali è esulata la vita. Non c’è una casa che il cannone non abbia
ridotto un rudere ammonitore. A ogni bivio ronzano pallottole di fucile e di mitra
gliatrice con una voce che lungamente si lamenta sulla superfìcie liscia cosparsa
di sassi e di scatolette vuote di carne in conserva. Stormi d’uccelli scendono
velocemente dal cielo a specchiare un volo folle, per subito poi risalire. In iscena,
pochi personaggi. Discosti dalla riva, sopra un gran lastrone di ghiaccio, tre sol
dati sostano intorno a una buca scavata sull’acqua viva: aspettano di pescare una
trota. Il ghiaccio sopporta il loro peso magnificamente.
Una volta tramontato il sole fa subito notte su queste strade che il fango
impasta e il cannone lavora. Ma tutta la notte, per buia che essa sia, la ghiaccia
seguita a rilucere qua e là creando intorno agli argini oscuri e alle rovine minac
ciose una fosforescenza spettrale.
Aggruppati a presidiare quegli esigui appigli di terreno i granatieri son come
una ciurma che abbia patito violenza di tempesta e naufragio e aspetti una bassa
marea per riannodare le fila secondo un ordine più conveniente. Per ora portano
gran pazienza. Gruppetti appostati qua e là stanno a guardare i begli effetti che
sortono le cannonate nemiche quando fendono le grosse croste di ghiaccio levando
in alto le loro prodigiose fontane.
Di notte, un soldato che accenda la pipa fa nascere in giro fantastici bagliori ;
i razzi matti che si levan dietro gli argini di Piave vecchio suscitano di sotterra
lucori come fuochi fatui.
Gli echi dell’artiglieria e della fucileria echeggiano vagolando come anime
in pena senza trovare dove quietarsi, slittati via via dalla ghiaccia. Quando attra
verso le tenebre spiccia dalle nostre linee il fascio di luce del riflettore tutto il
cielo s’empie di riverberi. Gli alberi più vicini alla sorgente luminosa sembrano
sparsi di candida cenere nel magico fulgore che parte dalla grande macchina di
specchi che fa per un momento ammutolire le trincee del nemico. E quando si
arriva sotto la grande specchiera sfolgorante, si veggono passare e ripassare nella
sua luce insetti bianchissimi, ingigantiti fuori di natura.
ANTONIO BALDINI
(Gennaio
1918).