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d o g m a
Fatto papa qualche mese dopo il Concilio
di Efeso, da cui era uscita la condanna del*
l'eresia nestoriana, volle Sisto III che la for
mula vittoriosa, la preghiera di Cirillo a
« Maria Madre di Dio », fosse figurata in mo
saico sull’ arco trionfale della basilica liberiana.
Il committente affidava cioè all’ artista il com
pito di effigiare, per la prima volta, il nuovo
dogma trasportando in immagini visibili, ad
edificazione della plebe, le conclusioni teolo
giche di un dibattito impigliatosi in astru
serie e livori bizantini. Dalle sottigliezze dot
trinarie della cristologia, che avevano ina
sprito i luminari d’Oriente e di Occidente, il
dogma doveva infine nascere alla realtà, pren
dere corpo ed evidenza. Tassello su tassello,
con le sue particole vitree e smaltate, il mo
saicista si accinse a fissare, con cattolica chia
rezza, l’articolo di fede da poco stabilito,
avendo forse in mano testi canonici, certo
nell’ orecchio i pontificali suggerimenti, in
torno il furore delle polemiche non ancora
sedate.
Sull’arco romano squadernato in tanta mu
sicalità di spazio, a un segreto richiamo d’or
dine e di concretezza cadeva il vento delle
dialettiche scissioni, le nubi delle tesi e degli
anatemi si scioglievano in piogge di tessere
musive, le astratte distinzioni prendevano
sembianze umane incarnando il mistero della
verginale maternità. La stessa tecnica del
l’ opera, contesta di pietruzze colorate, asse
condava l’impressione di un meraviglioso con
solidarsi dei filosofemi che, uno a uno, si
rapprendevano e coagulavano in piccoli cubi,
sprizzanti ormai vivida certezza, da inserire
nella composizione. Le ardue parole delle con
troversie e gli schemi della speculazione tri
nitaria diventavano presenze, acquistavano la
consistenza della materia, forme definitive,
una collocazione di rapporti inalterabile.
Finché la parete su cui avevano preso volto
non fosse caduta, e ogni memoria smarrita,
la loro sorte rimaneva segnata per sempre.
Mentre le dispute proseguivano minacciando
di perdersi a ogni passo nella selva ereticale,
il poderoso arco della basilica scendeva tra i
contendenti, spaccava i contrasti nel giusto
mezzo dell’ ortodossia. G ò che per l’ innanzi bi
sognava accettare per fede certa, rimaneva
illustrato, anzi codificato, sulla sua pagina.
Tutte le discussioni future, per quanto rigore
di logica impiegassero, non sarebbero valse a
staccare un solo granello dal mosaico, nè a
cambiarne uno d’oro in argento, cioè a spo
stare minimamente gli attributi delle figure,
i valori e i significati della rivelazione. Il pre
stigio di quest'arte stava
daaqae
nell’ inipri
mere il suggello dell'autenticità e dell’immu*
tabilità alle origini dei religiosi episodi che ua
eccesso di raziocinio insidiava di contrastanti
interpretazioni. Il movimento delle sue linee,
l’accendersi delle tonalità, la successione delle
immagini, l’orditura del racconto, assume*
vano tale importanza da decidere l’orienta*
mento ecclesiastico, il destino di una fede.
Bastava porre più in alto o più in basso il
seggio della Madonna per essere cirilliani a
nestoriani, romani o alessandrini. Disegnare,
colorire, diventano una impresa non molta
diversa che se si fosse trattato di volgere
ìb
linguaggio figurativo le leggi delle dodici ta*
vole: impresa comunque da non potersi com*
piere che a Roma ove le dispute, nate in Asia,
venivano a comporsi. L’invenzione creativa,
piegata a una funzione sacramentale, si ri
scattava tuttavia con imperiosità statutaria
assegnando il posto ai divini personaggi, sta
bilendo le precedenze e gerarchie celesti, au
tenticando le versioni evangeliche. Nè mai la
fantasia artistica, così infrenata da obblighi
concettuali, fu tanto autoritaria nella realia*
zazione plastica, fino a imporre per decreta
la statura e il peso alle sue forme.
Ma assistere alla nascita di un dogma, nei
modi che qui ci accade, non significa trovarla
già cristallizzato. Questo è anzi il momenta
in cui la dura gemma della dommatica riceve
la sua sfaccettatura. Qualche punta del cri*
stallo non è ancora abbastanza acuta, qualche
faccia resta da levigare. Per uscire di meta
fora si osservi come i simboli, gli emblemi,
sembrino incerti su chi posarsi: il nimbo noa
è stato bene accertato quale testa debba cir>
condare poiché ce l’ hanno gli angeli e la Ma
donna no, se ne adorna Erode in segno
di
autorità regia e manca al turbato Giuseppe.
Qui c ’è un angelo in più, lì un re Mago
di
meno. E i fiabeschi sovrani dell’ Epifania, dal
portamento ambiguo che neppure lascia ca
pire se siano maschi o femmine, con le dovi*
ziose vesti persiane attillate sulle troppo toa>
deggianti membra, non senza ragione furon*
scambiati per danzatrici, o per Erodiade t
sua figlia. La misteriosa donna, cupamente
ammantata, che interviene in due scene, poti
essere identificata per la profetessa Anna, Sa*
lomè pentita, la Sibilla Cumana, la
personi
ficazione della Chiesa; ancora oggi
impenetra*
bile, quasi che la luce del cristallo si sia dalla
sua parte spénta per sempre e un ramo
dogma, insecchito dall’ oscurità, sia stato
tardi reciso, restandone in questo mosaico
testimonianza carbonizzata, in una sorta
sottobosco della
religione.
Tale sorprei
incertezza in argomenti dogmatici,
dall’uso
dei
Vangeli
apocrifi
e
perfino
alterazioni apportate dai restauri, insinua
sospetto di contemplare un firmamento ia