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PAROLA AL

Y I H T O

alti sono i caratteri reverenziali delle figure,

tanto più esse insistono nel collocarsi di faccia,

nello star ferme. Chi si muove ricade nel

tempo, ricrea delimitazioni spaziali storiche,

laddove qui l'aspirazione è di valicarle per

attingere una solenne condizione di autosuf­

ficienza, su un piano da cui l'eternità ha can-

celiato ogni riferimento all accadere e al mu­

tare. sebbene non ancora assurto all'integrale

astrazione bizantina, di una conseguente asso­

lutezza. Si muovono le creature minori, che

sono poi Magi sacerdoti dignitari, accolti

come personaggi del seguito, sublimando la

loro funzione di privilegiati adoratori di corte.

Alla conversione frontale fa riscontro la di­

latazione delle forme e lo spianamento in su­

perficie. Si vuol ridurre lo spessore e insieme

allargarle sul piano, pur senza abbandonare

la maniera compendiaria che invece implica

il rilievo chiaroscurale e il senso della pro­

fondità. Cioè continuare il processo di sche­

matizzazione del classicismo, operando sulla

sua stessa materia, con la sua stessa tecnica.

In più i contorni si irrigidiscono, rafforzando

il segno di demarcazione, per non lasciarsi

sfuggire il contenuto, che accenna a scorpo­

rarsi nel colore. Le linee si concatenano e

geometrizzano, con stilizzato fraseggiare: negli

abbondanti panneggi, avendo meno obblighi

di aderire alle forme, acquistano un che di

convenuto, di cifralo.

La simmetria, appoggiata da un lento e ca­

denzato eloquio, interviene a regolare gli ag­

gruppamenti. Le figure ancora fanno scena,

ma intorno a idee fisse che tutte le invade e

astrae. Allo stesso modo che le espressioni

affettive, pure intensissime, implicano senti­

menti che sono nella realtà come fuori della

realtà. Per capire i loro rapporti col piccolo

Gesù crocesegnato, troneggiante sul prezioso

seggio, o con l'ingioiellata Madonna che fa da

imperatrice nel celeste palazzo, bisogna vol­

gere lo sguardo alla chiave dell'arco ove. su

un altro seggio d'oro, stanno una croce e una

corona, cioè la divinità simbolizzata, la sua

presenza fatta invisibile. Intorno a questa

sigla cristiana, che ha precedenti nell'arte

classica, e perfino indiana, poi il Medioevo

bizantino comporrà

Yapprestamento del irono.

Yetimasia

, come dire la figurazione dell'ar­

cano. la rappresentazione dell'irrappresenta-

bile. Per ora la misteriosa sigla splende soli­

taria a capo del molaico. in funzione emble­

matica. senza accentrare l'attenzione degli

aitanti.

Ma. non contemplandola direttamente, tutti

i personaggi si indirizzano ad oggetti appa­

renti avrndo. tra sè e loro, lo spettro di quel

trono disabitato, di quella presenza invisibile

in ogni co*>a predente.

ANTONIO PICCONI STILLA

Stupisce grandemente l'enorme abuso che i cosid­

detti poeti puri commettono invocando, a sostegno

delle proprie eresie, l'autorità del Petrarca.

Son

sanno costoro, o fingono di non sapere, che la tradi­

zione italiana, da Torquato Tasso a Leopardi, ha

sempre visto nel Petrarca il fondatore di una poetica

anti-intellettualistica e antidottrinaria per eccellenza,

cioè popolareY Che il Rinascimento preferì Petrarca

a Dante, in ragione,

a;

punto, della maggiore popo­

larità del primo, popolarità

thè

significava, in quel

tempo, universalità nei confronti della lingua e dello

spirito nazionale: da cui nasce, se non sbaglio, il

[toema cavallerescoY E che. infine, per rendersi conto

dell'effettiva e benefica influenza del Petrarca sulla

poesia italiana, del modo come fu da noi ricevuto e

praticato il suo insegnamento, a tutto ci si può rife­

rire fuorché ai sonetti dei petrarchisti? Hanno mai

letto il commento del leopardi al

Canzoniere?

Igno­

rano forse che leopardi stima Petrarca un poeta

famigliarissimo. anche nelle canzoni civiliY Sarebbe

veramente difficile intendere quali rapporti possano

esistere fra la poesia pura e Petrarca, se. all'infuori

del petrarchismo italiano, non ce ne fosse un altro,

assai meno ingenuo, di manipolazione francese, che

identifica la poesia con la prosodia e serre a stabilire

come qualmente la lingua francese sia la più poetica

lingua del mondo. Racine il più grande poeta dei

tempi moderni e Paul l ’alery il suo profeta. A questo

dottissimo imbroglio si richiamano, pare incredibile,

i poeti puri di casa nostra quando ragionano di

Petrarca.

Qualche cosa di simile accade in pittura. E conduce

a vedere Raffaello come lo si t «de. a gustare le grazie

dei manieristi fiorentini del tardo

500. in

odio ai

grandi maestri del Rinascimento, che sono la nostra

gloria.

La modernità che si professa in Italia è tutta una

polemica contro ciò che di più suo e di più grande

ha prodotto la nostra nazione in ogni tempo.

VINCENZO CARDARELLI

(in “ Primato „ )

S P I C C I O L I

La ruggine e l’ingegno.

« IV rndo un giorno il ra-oro di

quel manico col quale *i fa guaina a

mede-imo, r po-losi al

«ole, vide il -ole i.prrrhiaoi nel ~uu corpo: della qual ro-J pre»f

minima proria. r rivolto co! pensiero indirtelo, comincio con -eco

medesimo a dire:

Or tornerò io più a quella bottega, della

quale novamente u«cito «ono? reno no: non piaccia alli Dei. che

*i splendida belletta cangia in tanta viltà d'animo! Che pauia

«arebbe quella la qual mi conducessi a radere le insaponate barbe

de' ru-tiei villani e fare *i meccaniche operazione! ((r e questo

corpo da -imili eserciti? ( rrtn no. lo mi voglio nascondere in

qualche occulto loco, e li con tranquillo riponi pa«*are mia vila.

E co«i. na-io-in per alquanti nw-i. un giorno ritornato all'aria,

r iim"ito fori dalla -uà guaina, vide «è »— ere fatto a -imilitudine

d'una rugginente *ega. e la -uà -uperheie non i*pecchiare più In

-jilrtidenlr «ole.

I

.on vano pentimento indarno pian*e lo danno

inriparahilr. con -ero dicendo:

Oh! quanto meglio era eserci­

tare col barbiere il m i' perdalo taglio di tanta sottilità! Ikov'e

la la>traale -a p e rtin e ' ceri» la fastidiosa e bruita raggine l'ha

nM h ia u li'

Investo medesimo arrade aedi iagegai. rhe ‘ a

imambio dello eserciti» »i

danno

all'u t*»: i quali, a

-imilitadine

del

M«pradrtto ri .oro. perdoao

ia taglieMe

-aa -altilita. e

la

rag

giae dell'ignoranza gBasta la -aa forma • •L u v u n .

»