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La gloria della pittura italiana di paesaggio —

in •'«•neri* di quella europea — culmina nel*

l'Ottocento. K in questo secolo. vogliamo dire, rhe

la liltera natura, il senso delle alte solitudini, la

più intima e patetica \oce delle cose inanimate,

trionfano con assoluta lilwrtà. con piena indipen-

•lenza dalla vipilatrice supremazia dell'uomo. nella

rappresentazione pittorica. Il grande flusso roman­

i c o che sul finire del Settecento "ià gonfiava i cuori

e

da\a ali nuove alla poesia, prorompe vittorioso

nei decenni successivi. e porta la pittura paeM^ica

ad un'autonomia «pirituale, ad una originalità di

commozioni e quindi di interpretazioni che indub­

biamente prima non a\c\a mai con<»sciuto. dome

già nella pittura romana I «i |*en«i ai deliziosi esem­

pi del Mu«eo Nazionale di Napoli) cosi durante

tutta la nostra rinascita da (biotto al \ eroncse. il

|»ae-as?io non era mai -tato dimenticato dai pittori.

Più d'ogni altro I.conardo n r a m a •ubilo il fascino.

ne aveva penetrali pii ineffabili misteri dando alla

(gioconda

sfondi fantastici di monti, di valli, di

fiumi, una primaverile grazia alle sue due

Annuii-

dazioni,

una vita fiabesca alla

Vergine delle rocce.

Dal Perugino a Raffaello i sommi umbri avevano

aperto mirabili spazi di natura intorno alle loro

madonne e alle loro Deposizioni. Il Botticelli nella

Primai era

e nella

Ramila di Venere

aveva espresso

l'incanto aprente degli alberi e dei fiori, la musica

del mare increspato dagli seffiri. Il Mantella giovi­

netto degli affreschi di Padova e il Mantegna maturo

della

Camera degli s/tosi

aveva composto le sue sta­

tuarie fipure in ambienti allietati da colli e pia­

nure. e Pier della Francesca, il sommo prospettico,

dava al profilo di

Federigo da Montefeltro

l'aerea

cornice di una scintillante lontananza d'acque e

di montagne. mentre l'enigmatico Giorgione nella

Temftesta

e nella sua sublime

Venere

trovava le

pia cottili rispondenze tra la presenza umana e la

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