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Da nessuno debbono aspettarsi sorprese e mi
racoli come dagli autori cosidetti sfaticati e dor
miglioni. Ecco qui l’accademico Antonio Bal
dini, che del risparmiarsi, del riposarsi e del
sonnecchiare parrebbe essersi fatta un’arte di vita
e una filosofia. E non per nulla un suo grazioso
libretto, che uscirà prossimamente
in
nuova edi
zione, è dedicato a raccontare e celebrare vita,
morte e miracoli del leggendario Michelaccio, il
cui mestiere, tutti sanno, non consistè che nel
mangiare, bere, dormire e nellandarsene a spasso.
Tutto questo è vero. Ma è d’ieri un libro bal-
diniano assai felice, pigramente epicuraico fin
dal titolo :
«
Beato fra le donne ». Ed un altro
libro ancora del Baldini :
«
Italia di Bonincontro »,
è uscito fresco fresco di sotto ai torchi dell’editore
Sansoni. Dove vanno a finire l’ozio, la pigrizia
,
la filosofia del dolce fa r niente? Il dinamismo di
questo scrittore, tradizionalista e cauto se altri
mai, dovrà fa r arrossire di vergogna le reclute
futuriste più giovani e arrabbiate. Credevamo di
trovarci in un orticello umanistico, ombreggiato,
silenzioso, sonnolento, dove sbocciano fiori e ma
turano frutti, nel corso di stagioni che camminano
a passo di lumaca. Ed invece siamo coi piedi
sopra un vulcano. Amenissimo vulcano : e volesse
il cielo che, di vulcani
sì
atti, nel suolo delle
patrie lettere, se ne dovessero spalancare sempre
più spesso.
Naturalmente non bisogna figurarsi che i due
ultimi libri : quello sulle donne fra cui egli si
sente beato, e quest’altro su una quantità di paesi
e città dell’ Italia centrale e meridionale, siano
sgusciati fuori tutt’a un tratto, dal cervello e
dalla penna del Baldini. Prima di scoppiare,
l’indolente vulcano ha copiosamente accumulato
dentro di sè, ha lentamente masticato e digerito.
E il modo subitaneo della ebullizione, e l’esplo
siva pubblicazione, non debbono farci dimenti
care da quale studio, e quanto amoroso, uno stile
in apparenza
così
semplice sia sostenuto ; e quanta
dottrina si nasconda dentro a quella illusoria
facilità.
Dell’*Italia di Bonincontro », che specialmente
c’interessa ora, il lettore diligente si rammenterà
fors’anche di aver incontrato, durante l’ultimo
ventennio, pagine e capitoli in pubblicazioni pe
ti
riodiche. Chè questo
(come molti, da un secolo
in poi) è un altro volume che nacque sui giornali.
A l quale punto, io vorrei permettermi una osser
vazione di massima, ma strettamente connessa al
nostro argomento. Siamo d’accordo che, in ogni
nuovo libro che esce, tutti, a cominciare dal
l’autore, sarebbero lieti di ritrovare, in modi ine
diti, altre Divine Commedie, altri Canzonieri,
altre Gerusalemmi, altri Amieti, altri Faust, altri
Promessi Sposi : opere, insomma, d’alta creazione
e nuove di zecca ; sebbene poi non dovrebbe esser
comodo il rigirarsi in un mondo stipato di tanti
colossi. Ed invece la letteratura corrente
dà
quello che può. Ma cerchiamo di badare alle sue
qualità intrinseche> piccole o grandi che siano,
senza farci un motivo di facile insofferenza
perchè questo libro o quell’altro son nati sui
giornali. Molti scritti soltanto pieni di vento
furono concepiti nei più ambiziosi pensatoi. E non
pochi capolavori della prosa moderna, di tutti
i paesi, furono distillati, riga per riga, nella po
vera colonna di un giornale. Vero è che
il
pub
blico, troppo calunniato, sa prendere il suo beni
dove lo trova, mostrando più acuto giudizio £
tanti gravi censori. E si vede, giornale o rum
giornale, dalla sua simpatia per gli scritti £
Baldini.
Il quale è fra gli autori più amabili e amati
della nostra letteratura odierna. Ha una legione
di fedeli, e quasi direi di patiti. Non soltanto
la gente si interessa e diverte a quello che egH
scrive; ma di ciò ch’egli scrive è inclinata a fan
tutta una cosa con quella specie di mito fortu
natissimo che, in una maniera involontaria, im
palpabile e continua, egli ha creato di sè stesso.
E ciò non si scorse mai bene come in questi
«
Italia di Bonincontro • ; dove fra Rimini e
Vi
terbo,
fra Capua e Caltanisetta, fra Peretola i
Metaponto, Baldini è di scena dalla prima al
l’ultima pagina
t
È di scena come Heine
ni
«
Reisebilder‘ », come Oriani nell’* In bicicletta »,
come Panzini nella
«
Lanterna di Diogene »; na
turalmente con l’accentuazione del suo
perso
•
naggio particolarissimo, che
non
è Heine,
non
i
Panzim e
non
è Orioni. L'intesa con
il lettore
talmente sensibile e sicura
che,
in una
quantità
luoghi, più
che
scritto
e
parlato,
il libro n