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IL MUNIFICO LASCITO OEL PROF. LUIGI FORNACI

10 M IL IO N I P E R L ’ IS T IT U Z IO N E DI U N ’O P E R A B E N E F IC A

Il comunicato della Podesteria era breve

e laconico : « Con munifica disposizione testa*

mentaria, il compianto prof. Luigi Fornaca

conte di Sessant ha legato alla città di Torino

la somma di lire dieci milioni per la istitu­

zione di un'opera benefica, al nome dei fra­

telli Guido e Luigi Fornaca di Sessant, che

abbia lo scopo di assistere, specialmente nella

stagione invernale, i disoccupati senza risorse

e senza tetto, in attesa di lavoro, ricoveran­

doli nell'istituto a tale scopo costituendo ».

Una settimana dopo, a Palazzo Civico,

presieduta dal Podestà, si riuniva la Consulta

Municipale per deliberare su importanti argo­

menti interessanti la Città Subalpina. Il Pode­

stà illustrava, nel corso della seduta, Paltò

valore del munifico gesto e rinnovava il pen­

siero riconoscente della cittadinanza torinese

al suo Cittadino Scomparso che lasciava del

suo passaggio terreno un profondo ed indi­

menticabile ricordo di bontà.

Questa la cronaca, cronaca cittadina, cro­

naca squisitamente torinese: brevi le righe

del testamento, brevi quelle dell’annuncio

alla popolazione, breve il sentito accenno del

Reggitore della Podesteria. E infine, sottin­

tesa, la promessa e la certezza che in breve

volgere di tempo il desiderio del donatore

sarà una realtà e un esempio.

Il cospicuo legato illumina di vivida luce

la memoria del nobile — per casato e per

animo — donatore, e conferma l’alto spirito

di filantropia e di bontà dallo scienziato scom­

parso Cattivamente nutrito in vita. Spesse

volte la generosità di Luigi Fornaca, per la

sua superiore modestia, rimase nell’ombra,

per quella tradizione di silenzio che nei tori­

nesi è, per delicatezza ed educazione, una

veste abituale.

L ’uomo di scienza Luigi Fornaca non si

dissociava mai dal cittadino che conosce a

fondo la povertà, le debolezze, le miserie e

le disgrazie dei suoi simili. E Lui, se poteva,

tentava di alleviarle: con la sua opera di

illustre clinico e con generosi gesti di nomo

e di signore. La sua figura si inquadra net­

tamente quindi nelle tradizioni di Torino

Sabauda e Fascista, che nelle iniziative bene­

fiche fa sempre ed è — da decine e decine di

■■■ì — all’avanguardia delle consorelle città

d'Italia.

Centro operaio e operosa per eccellenza,

Parótocratiea culla del R igM um a tt italiano

visse sempre in malfa che i «noi abitanti fer­

massero un’immensa e vigorosa famiglia. Dalla

bontà e dalla generosità innate del suo popolo,

Torino ebbe ispirazione per le opere di bene.

Città seria,Torino non vantò mai la sua bontà:

operò in silenzio, operò con ampiezza, operò

in profondità. E fra tutte le iniziative torinesi

basterà citare il Cottolengo.

Andare verso il popolo; alleviarne le soffe­

renze e la povertà; renderlo sereno, forte,

lavoratore senza assilli gravi è massima fasci­

sta. In Torino fu innata legge di vita molto

prima che Benito Mussolini desse questa

umana e nobilissima missione a chi del popolo

era a contatto quotidiano e gerarchicamente

doveva oprare per il suo benessere.

I

dieci milioni dei conti di Sessant vann

al popolo: direttamente, tangibilmente, gene­

rosamente. E vanno a quei cittadini cui la

sorte fu, per ineluttabili circostanze di vita,

più avversa e più matrigna: i disoccupati.

Non dunque un’istituzione che può saturarsi

e divenir statica; ma una costruzione di bene

sempre rinnovantesi, elastica, plurilaterale.

Quando il destino sarà più duro, nel cruciale

e pericoloso momento di crisi in cui il disere­

dato si sentirà solo e disperato, una mano ge­

nerosa con signorilità, quasi con lievità, lo

condurrà a una casa, a un focolare, a un

pane.

E l’uomo sorretto, confortato, rafforzato

sentirà rinascere il desiderio della lotta; pur

sentendosi bene nella casa sua — poiché per

lui

fiu

creata — il disoccupato non vedrà

l’ora di lasciarla, perchè crederà ancora nella

vita, nel domani, negli uomini. Rigenerato

quasi, non si sentirà più solo e tornerà al

lavoro — che immancabilmente riuscirà a tro­

vare — più forte, più alacre, più sereno.

Non pensionati dell’ozio, dunque, o sfrut­

tatori della larga e generosa bontà altrui,

saranno gli abitatori della nuova casa tori­

nese: ma uomini che, travolti dalle circo­

stanze, fanno una sosta — come il viandante

all’ombra di un albero, presso una fonte,

dopo troppo sole bruciante e troppa polvere

— per riprendere il cammino con passo più

forte, più agile, più sicuro.

Torino Sabauda e Fascista, per volontà

di un sno grande cittadino scomparso, è

dunque ancora una volta di esempio e di

sprone. £ come ieri, come oggi, come domani

antfìsignana del lavoro e della bontà nmana

In silenzio, con signorilità.