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carattere medioevale, con portici angusti, limitata

a levante dal noto edificio detto della « volta rossa »,

legato alle prime vicende della più grande isti­

tuzione benefica torinese.

La piazza era allora stretta ed irregolare. La sua

modesta larghezza giustificava la limitata fronte

del palazzo del Comune quale il Lanfranchi aveva

progettato nel

1659

. A giorno, la piazza si apriva

con ampia frattura verso la torre del Comune

esistente sulla via Dora Grossa (via Garibaldi),

della quale si ha memoria fin dal XIV secolo.

Aperta nel

1619

la via dei Panierai, oggi via

Palazzo di Città, chiuso con le costruzioni in fregio

dell’attuale piazzetta Reale il preesistente passaggio

in prolungamento dell’attuale via Cappel Verde,

demolita nel

1722

la «volta rossa*, si giunse sol­

tanto nel

1780

al completamento della ricostru­

zione dei nuovi edifici fronteggianti la piazza. La

piazza, regolarizzata nella sua pianta e nei prospetti

con i nuovi fabbricati eseguiti secondo il progetto

dell’Alfieri, costituì un nuovo importante esempio

di architettura unitaria.

L ’Alfieri aveva previsto nel suo progetto la

chiusura della piazza, sia a notte che a giorno,

sull’asse dell’attuale via Milano; ma, come è noto,

dei due edifici soltanto quello verso la via Gari­

baldi venne costruito, nascondendo Ta vecchia

torre, prossima ormai ad essere demolita. La chiu­

sura della piazza verso l’attuale via Milano non

venne mai messa in esecuzione ed anzi, in un

prime tempo, venne prevista all’angolo dell’attuale

via Corte d’Appello, la costruzione di una nuova

torre in sostituzione di quella antica, demolita

nel

1801

(

1

). Dopo molti studi e discussioni la

costruzione di questa torre, in un primo tempo

iniziata, venne sospesa (

2

), ciò nonostante la

chiusura a notte della piazza restò allo stato di

progetto. Ciò dipese sopratutto dall’aumentato

traffico lungo l’attuale via Milano, in dipendenza

della chiusura della Porta Palatina (

1701

) e del­

l’apertura della nuova porta di S. Michele sull’asse

di quella via. La piazza, nonostante il suo carat­

tere rappresentativo, abbandonata la sua funzione

di mercato, divenne poco a poco una piazza di

traffico, fino a divenire soffocata dall’attuale movi­

mento eterogeneo, reso più intenso dalle difficoltà

di comunicazione diretta tra la piazza Emanuele

Filiberto e la piazza Castello, aggravato dalla

presenza di numerose linee tranviarie.

La sistemazione del vecchio nucleo dovrà tener

conto della necessità di restituire alla piazza, così

regolare nelle sue fabbriche, che necessitano sol­

tanto di restauro, la sua antica caratteristica. Con­

dizione preliminare per un tale ritorno è la devia­

zione del traffico di attraversamento, che potrà

consentire finalniente la chiusura del lato a notte,

secondo il progetto dell’Alfieri. Così la piazza

vena restituita al suo vero valore e potrà crearsi

uno spazio raccolto, racchiuso da un armonico

complesso edilizio, che darà agli uffici rappresen­

tativi del Comune un adeguato respiro. Le modeste

dimensioni della piazza (m.

38

x

55

), sono parti­

colarmente adatte per un ritorno a questa funzione,

resa indispensabile da motivi di traffico e di decoro,

oltre che da un desiderabile rispetto per la conce­

zione che guidò l’opera degli architetti barocchi

che la idearono.

* * *

La piazza S. Giovanni, una delle più antiche

e tradizionali della città, ha mantenuto attraverso

i secoli, senza grandi varianti, la sua configurazione

irregolare. La non imponente mole della Catte­

drale doveva tuttavia dominare sulle modeste casu­

pole che si allineavano sulla piazza chiudendola

anche nel lato nord, quando, sul finire del quattro-

cento, il vescovo Domenico della Rovere/ne com­

pletò la costruzione sull’area delle preesistenti

chiese di S. Giovanni, S. Salvatore e S. Maria.

La piazza appare notevole anche per l’ubica­

zione della chiesa che, secondo un concetto inu­

sitato in Piemonte in quell’epoca, è isolata su tre

lati, consentendo, con le piazzette laterali, la vista

completa dei fianchi dell’edificio. L ’architetto non

sicuramente conosciuto della Cattedrale, portando

da altre regioni un contributo originale alla modesta

architettura torinese del tempo, seppe tener conto

delle prospettive consentite dalle antiche vie, il

cui tracciato seguiva quello del prolungamento

dell’attuale via San Domenico e della via Basilica.

Questa favorevole ubicazione della chiesa è stata

pienamente valutata dagli architetti dell’attuale

Palazzo Reale e della SS. Sindone, che hanno

potuto valorizzare le loro opere in un complesso

prospettico che rimane uno dei più interessanti

esempi dell’architettura torinese, per lo sceno­

grafico sovrapporsi di elementi del rinascimento

e barocchi, in un sorprendente quadro di vivace

movimento (fìg.

5

).

Il tempo ha arricchito la piazza di nuovi edifici,

gradualmente sostituiti alle modeste ed irregolari

costruzioni preesistenti, tuttavia, per merito degli

architetti che ne furono gli artefici, la Cattedrale

nulla ha perduto della sua importanza e la piazza,

tuttora libera da un traffico intenso, ha conser­

vato in gran parte quel senso di solitaria poetica

bellezza, che ricorda talune piazze della Rina­

scenza.

Compito non facile, di fronte alle esigenze della

sistemazione del centro cittadino, sarà certo quello

di conservare e possibilmente migliorare i carat­

teri di questa stupenda piazza, evitandone ogni

destinazione utilitaria, liberandola ancor più, nei

limiti del possibile, dal traffico, organizzandone

degnamente la sistemazione architettonica degli

edifici secondari.

La demolizione deU'isolato. che fino a pochi

anni fa fronteggiava la chiesa, ha aperto il grave

problema della creazione di un nuovo elemento

architettonico capace di non turbare il notevole

n