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LE

PIAZZE NELL'EDILIZIA TORINESE

L Italia ha nelle sue piazze rappresentative una

tico, le due esigenze non sembrano affatto anti­

splendida, ineguagliabile tradizione.

tetiche come potrebbe apparire in un superficiale

Le piazze medioevali, nelle quali spazi angusti

esame del problema,

sono dominati da imponenti edifìci c h i e s a s t i c i p i a z z e famose del Rossellino, del Bramante,

creando superbe prospettive; le piazze del Rina-^^^ai Michelangelo, del Bernini, crearono è vero lo

scimento e del Barocco nelle quali lo spazio è

predisposto in funzione di mirabili monumenti

legati in un’unica sapiente armonia; le piazze

infine dell’Ottocento, equilibrate nella loro fredda

e grandiosa architettura unitaria; tutte hanno

saputo pienamente assolvere la loro funzione di

fondamentale elemento rappresentativo degli orga­

nismi urbani.

Oggi questa tradizione è in piena decadenza,

fenomeno deprecabile, dovuto a molteplici fattori

che è difficile conciliare con la tradizione della

nostra architettura.

Fra questi fattori hanno valore preminente le

esigenze del traffico, per le quali gli spazi perdono

il loro valore architettonico rappresentativo e

divengono funzione soltanto delle inderogabili

necessità che derivano dall’accresciuto movimento.

A tali esigenze debbono aggiungersi le insoppri­

mibili tendenze utilitarie e speculative, per le

quali le piazze divengono una favorevole possi­

bilità di maggior sfruttamento che viene quasi

sempre attuata in modo banale e disordinato,

senza alcun coordinamento, il quale, anche senza

voler determinare una perfetta unitarietà della

concezione architettonica, oggi non sempre rag­

giungibile, consenta almeno una distribuzione

estetico-volumetrica degli edifìci secondo un pre­

ciso piano direttivo.

I problemi che derivano dalle nuove esigenze,

sono certamente ben più ardui di quelli che i

nostri Maestri della Rinascenza potevano agevol­

mente risolvere nelle particolari condizioni poli­

tico-economiche e sopratutto ambientali, deter­

minate dal carattere della vita urbana del tempo.

Tuttavia frequentemente questi problemi sono

oggi del tutto dimenticati o non si ha la forza e

la larghezza di vedute sufficienti per ricercarne

una soluzione.

Non di rado, già negli studi dei piani regolatori,

le piazze vengono concepite semplicemente alla

stregua di una convenienza pianimetrica derivante

dalla distribuzione del traffico e dalla opportunità

di dare maggior respiro ai nuovi quartieri errando

le indispensabili zone a verde. Si è ben lontani

però dal prevederne lo spazio ncDa ma rapir■ione

di organismo architettonico.

Eppure, anche ae la funzione rappresentativa

piazza è oggi infrequente, anche ae il

di ipìlirt prevale

su

cstc-

spazio esclusivamente in funzione dei monumenti

e degli accorgimenti prospettici che richiedevano.

Queste piazze furono essenzialmente rappresen­

tative, al più adatte alle assemblee di popolo, ma

non utili al traffico, anzi da questo talvolta sepa­

rate. Vi furono tuttavia altri grandiosi esempi,

e fra questi troviamo i più celebrati nella Roma

papale, nei quali l’opera degli architetti, divenuti

urbanisti, ha consentito di risolvere problemi di

traffico e d: ’ namento nel pieno rispetto, anzi

nella valorizzazione, degli elementi architettonici.

Oggi la piazza puramente rappresentativa si

riduce a rari esempi che non possono del resto

ritenersi paragonabili a quelli delle passate nostre

epoche architettoniche. Questa decadenza di una

funzione difficilmente conciliabile con il ritmo

vertiginoso della vita moderna non deve peraltro

farci dimenticare la necessità di dare ad uno dei

principali elementi dell’organizzazione di una

città, quell’ordine e quella dignità architettonica,

che rappresentano pur sempre una tangibile espres­

sione del civile progresso.

Compito degli architetti conciliare le diverse

esigenze con totalitaria comprensione del problema

e con queU’equilibrio che è alla base di ogni dure­

vole realizzazione.

La grandiosa concezione di Domenico Fontana,

architetto di Sisto V, trova in Torino, sotto taluni

aspetti, un seguito non trascurabile. Anche qui

il vecchio nucleo è stato sistemato ed ampliato

nei secoli XVII e XVIII con lungimirante gran­

diosità. Insieme alle nuove grandi arterie, sorgono

le piazze, tutte concepite come organismo archi-

tettonico e disposte a costituire i centri di maggiore

interesse dei nuovi quartieri.

Non opere d’arte di valore eccelso, non monu­

menti paragonabili ai maggiori esempi della nostra

architettura, caratterizzano queste piazze, dovute

all’appassionata guida dei Principi che seguono

l'esempio di Carlo Emanuele I, grande iniziatore

dell'opera di rinnovamento. Uno spirito preor*

diruttore guida tuttavia gli architetti in quest'opera

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asadua e sapiente, i cui multati costituiscono

sfictwm un ammirevole

Questa tradizione penna* viva adTd