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e ritorna ancora dopo l’epoca Albertina in qualche

tentativo isolato, per perdersi completamente nel

tumultuoso accrescersi della città, non più giustifi­

cato dalle funzioni di capitale, ma dall’imponente

sviluppo delle industrie.

A questo punto non si voglia attribuire la triste

decadenza dell’antico concetto della piazza, quale

organismo architettonico, alle esigenze del rapido

accrescimento delle città.

I principi Sabaudi che realizzarono con mera­

viglioso ordine, nei secoli XVII e XVIII, i primi

ampliamenti, agirono pur essi sotto la spinta del

rapido accrescimento della città, che doveva in

quel periodo pressoché triplicare la sua popola­

zione.

Ed in quali tempi!

Le guerre, gli assedi, le epidemie non avevano

certo favorito, per molti anni, il benessere e la

tranquillità della piccola capitale. I mezzi erano

modesti, le possibilità economiche scarse, la difesa

un problema grave ed urgente che costringeva

continuamente alla costruzione di nuove opere

fortificate, destinate a racchiudere, oltre la vecchia

cinta romana, accanto alla gloriosa Cittadella, lo

spazio destinato ai nuovi quartieri.

Tuttavia questo accrescimento, assai rapido in

relazione alle possibilità dei tempi, determinò una

edilizia perfettamente ordinata ed a questo periodo

appartengono le principali opere urbanistiche ed

architettoniche della nostra città. Risultato di una

concezione grandiosa e lungimirante, di vedute

ampie, di volontà di Principi, genuina espressione

della vita di un popolo « disciplinato, ordinato,

silenzioso, obbediente ».

Sorgono in questo periodo le nostre piazze

migliori, talune racchiuse fra austeri palazzi, altre

fra edifici più modesti, che portano tuttavia la

impronta di un’unica volontà creatrice; altre ancora,

secondo una concezione nuova e con felice adat­

tamento alle possibilità panoramiche, si aprono

verso i colli od i monti a costituire ad un tempo

la saldatura fra la città ed il verde dei dintorni ed

il punto di partenza per i futuri sviluppi.

Questa nobile tradizione, delle nostre piazze,

che i nuovi compiti affidati alla città dopo il compi­

mento dell’unità nazionale hanno poco a poco

soffocato con una edilizia banale e disordinata,

deve essere ancor oggi studiata e meditata, non

certo per ripeterla, ma per assimilarne lo spirito

informatore.

Il problema della nostra edilizia di oggi non si

limita alle piazze, anche se queste, per la loro

funzione, meritano la più attenta considerazione.

Il problema è assai più ampio e grave.

Occorre porre un termine a certe iniziative

eccessivamente personali, che, con la complicità

delle inevitabili manchevolezze dei piani regola