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comunicazioni con la Lombardia, aveva perduto

del tutto, al principio del Settecento, la sua impor­

tanza. Ne era causa lo spostamento del traffico,

che si giovava della nuova porta di S. Michele

aperta nella vecchia cinta romana, sull’asse del­

l’attuale via Milano.

Poco a poco le Torri erano state liberate dagli

edifìci che, secondo una consuetudine frequente

nei secoli scorsi, erano stati addossati alla antica

costruzione. La necessità di questo restauro era

stata rilevata e posta allo studio fin dalla metà

del secolo scorso (

3

).

Compiuti i restauri e creato con lo spazio un

sufficiente respiro all insigne monumento, occorre

oggi risolvere ancora il problema della piazza.

Compito questo assai delicato, ove si voglia tener

conto delle condizioni ambientali, che se rappre­

sentano una grande risorsa per l’Architetto, deter­

minano anche una maggiore responsabilità e più

ardui problemi.

Non si tratta infatti soltanto di racchiudere con

nuove costruzioni lo spazio creato attorno alle

Torri, ma di abbandonare per questi edifici ogni

concetto borghese e speculativo, di creare elementi

architettonici che tengano conto dei paniti pro­

spettici rappresentati da un lato dal complesso

Cattedrale-SS. Sindone e

opposta dalla

cupola della Basilica Mauriziana, di inserire sulla

piazza altre importanti vestigia quale la vecchia

cinta romana, di salvare, infine, il carattere storico

ed archeologico dell’ambiente.

D ’altra parte la sistemazione non determina

soltanto un difficile problema di ambientazione

architettonica, ma un problema urbanistico che

si riflette sull’intiero nucleo antico, non essendo

pensabile che l’ambiente, che deve restare luogo

di raccoglimento e di studio, si trasformi in una

qualunque piazza di traffico.

* * *

Relativamente assai più recente è la piazza

S. Carlo . Costruita a partire dal

1644

in prolun­

gamento della « contrada Nuova * ( i° tratto di

via Roma) che era stata aperta nel

1615

, la piazza,

per l’armonia dei suoi rapporti e per la nobiltà

della sua estetica architettonica, è certo oggi una

delle più celebrate.

La chiesa di S. Carlo, iniziata nel

1619

. ne

costituì, prima che si iniziasse la costruzione dei

palazzi che chiudono i suoi lati maggiori, il limite

e l’elemento destinato ad interessarne la rigida

uniformità. A questa chiesa si aggiunse nel

1635

la chiesa di S. Cristina, secondo un concetto di

simmetria la quale peraltro rimase in un primo

tempo incompleta per la mancanza della fac­

ciata della cliiesa di S. Carlo, eseguita soltanto

nel

1834

.

Il mancato isolamento delle due chiese, colle

gate agli edifìci che dùudono la piazza nel suo

lato a giorno, non ha forse consentito di valoriz­

zarne appieno il complesso monumentale ed ha

determinato non lievi inconvenienti nel collega­

mento fra edifìci di natura e di estetica così diversi.

All’atto della ricostruzione del secondo tratto della

via Roma non mancarono progetti che proposero

l’isolamento delle due chiese, criterio che non ha

prevalso di fronte alla disposizione tradizionale

che si è voluto scrupolosamente conservare.

La piazza ha planimetricamente lo schema di

un rettangolo (m.

167

x

77

), senza alcun accor­

gimento prospettico, non richiesto da monumenti

di particolare importanza, come era invece avve­

nuto in tante famose piazze italiane. Questa sem­

plicità di schema trova del resto la sua ragione

anche nella dominante caratteristica del tracciato

delle strade torinesi ed è giustificata dal carat­

tere della piazza, destinata a divenire parte inte­

grante di una direttrice fondamentale di traffico,

anziché costituire un puro elemento architet­

tonico.

La piazza adempie ancora bene, nonostante le

condizioni cosi diverse del traffico, alla sua fun­

zione di piazza di movimento. Si può anzi ritenere

che essa rapptesenti un felice compromesso tra

le esigenza utilitarie e quelle architettoniche ed

ambientali.