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In questa luce va vista, ini pare, la conces­

sione dello Statuto da parte di Carlo Alberto,

che è l’episodio più significativo del 48 in Pie­

monte. Il passo compiuto dal Corpo Dccurio-

nale Piemontese presso il sovrano per deter­

minarlo a concedere lo Statuto, era appoggiato,

anche se i decurioni non ne fecero parola a Carlo

Alberto, dalla rivoluzione scoppiata a Palermo

nel gennaio.

C iò non significa che lo Statuto concesso da

Carlo Alberto, e mantenuto da Vittorio Ema­

nuele II dopo la sconfitta di Novara, abbia

avuto un valore trascurabile nella storia del R i ­

sorgimento ; tutt’altro. Lo Statuto assume, anzi,

un più forte rilievo storico proprio perchè se

a promulgarlo fu un sovrano, a volerlo fu un

popolo deciso a conquistare la libertà.

In ogni modo, lo Statuto concessi) e mante­

nuto diede al Piemonte, nonostante Novara,

una posizione egemonica nel Risorgimento Na­

zionale. Contribuì a questa posizione la genialità

di Cam illo C avou r il quale seppe utilizzare, per

la realizzazione dei suoi fini, tutte le forze che

agivano nel corso del Risorgimento.

« Vittorio Emanuele II — ha scritto Gobetti

— crede di allargare i contini del Piemonte e

serve al programma di Cavour che gli trasforma

le basi dello Stato, facendo in un regno costi­

tuzionale un governo parlamentare ».

Il 48 getta le fondamenta del Risorgimento

italiano e il Piemonte dà, a queste fondamenta,

la pietra angolare di tutto l’edificio.

Il risorgimento si conclude con l’Italia unita

ed indipendente, libera nazione nel consorzio

delle nazioni libere che, con l’ingegno e il lavoro,

deve forgiarsi l’avvenire. Il periodo eroico lascia

il posto all’attività concreta dei produttori; le

geniali combinazioni diplomatiche di Cavour

lasciano il posto ad una politica che non cessa di

essere avveduta ma che non ha più bisogno di

sfruttare la situazione europea per creare una

nazione.

Si sviluppano le industrie e i commerci. La

grande industria altamente specializzata trova

specialmente qui, nel nostro Piemonte, un ter­

reno fertilissimo; si sviluppano sia pure timo­

rosamente gli istituti democratici che debbono

tener conto dell’importanza sociale di un pro­

letariato industriale il quale cresce sempre più

di numero; l’istruzióne popolare si diffonde len-

On. CELESTE NEGARV ILLE

- Sindaco di Torino

Presidente del Comitato Esecutivo.

tamente lasciando però ancora nell’ombra vaste

zone di analfabetismo, le organizzazioni sin­

dacali, i partiti politici, la stampa popolare sor­

gono ovunque ed estendono la loro influenza;

sulla base delle garanzie statutarie si arriva al

diritto di sciopero, al suffragio universale. Il

cammino per fare dell’Italia una nazione mo­

derna, ricca di iniziative democratiche nel campo

politico e di coraggiosi provvedimenti nel campo

economico-sociale, soprattutto per l’elevazione

delle popolazioni meridionali, il camm ino del

progresso insomma, appare ancora arduo, ma

nel R isorgimento ci sono le premesse. Lo stesso

movimento socialista dei primi due decenni di

questo secolo sente che la questione sociale è

già stata impostata, sia pure embrionalmente, dal

risorgimento e rivendica l’eredità di Pisacane.

Tale è, in un schizzo sommario, l’Italia dal

1870 al 1922.

Nel 1922 il quadro cambia completamente.

E si inserisce, nella storia di quest’ ultimo secolo,

un ventennio di tirannide che si caratterizza,

all’ interno, con la distruzione delle libertà sta­

tutarie e, sul piano intemazionale, con una poli­

tica di alleanze servili, di folli provocazioni e

di guerre anti-nazionali.

Il R iso rg im en to non poteva essere più be­

stialmente rinnegato; gli ideali dei nostri padri,

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