

RITRATTO
candida, constatò di persona i risultati positivi di
molte battaglie. Nessuno più di lui vi sa parlare
di Renoir, Gauguin, Manet, Monct, Picasso, Ma-
tisse, Utrillo, Ernst, con serena esperienza e senza
gara di imitazione, non potendo tuttavia negare che
l’interno travaglio suo di pittore se ne sia alimentato
per progredire, ma solo in quanto ciò lo ha condotto
a chiarirsi e perfezionarsi. La sua fisonomia spirituale,
che egli non tradì mai, nasce dal tempo in cui fu gio
vane e dal temperamento che natura gli diede. Con
fluiscono in lui le ingenuità di un sano romanticismo
e le sollecitazioni e i controlli di un provveduto ve
rismo. Aria di principio di secolo. Come le sue let
ture non escludono Kafka o il teorico del surrealismo
Breton, ma sono ancorate al
Vangelo
e ai
Promessi
Sposi,
così le increspature della sua inquietudine si ras
serenano nel contatto con la grande tradizione della
pittura italiana, con le emozioni vergini, con la espan
sione che si rinnova ad ogni alba, con l’accettazione di
quello che egli è e di quello che egli vede, senza
astuzie e senza morbosità di approdi a lui alieni.
Nello stessei momento ch’egli si arrende agli in
viti della bellezza — fanciulle, donne, fiori, cicli se
reni, specchi d’acque, opere degli uomini —. nel
punto in ci'i la sua anima recettiva e sollecitata a in
terpretare e lo muove a idealizzare, il suo rispetto di
ciò che Dio ha creato lo salva dall’altcramc gli aspetti
fondamentali. Egli non crederà mai che una gratuita
sovrapposizione della propria emotività abbia il di
ritto di rompere le proporzioni, di scambiare consape
volmente i colori, di soffocare l’eloquenza delle cose.
E tuttavia la sua interpretazione ha uno stile, la
sua tavolozza una accensione lirica inconfondibile.
Questo è il sentimento dei suoi ammiratori in patria,
ai quali farà certo piacere documentarsi con quanto
recentemente scriveva il critico inglese Selwin Brinton :
« L’opera di Micheletti assume in questo momento
1111 significato particolarmente interessante. Intanto,
la sua prima virtù è una evidente unità, della quale
non esiste un’altra, credo, che sia più coerente.
Essa rivela lo sviluppo progressivo dell’artista e
dell'uomo. Scartando ogni accessorio, Micheletti ha
raccolto nella pittura il meglio di ciò che noi abbiamo,
il sentimento plastico e la virtù lirica, identificando
l’uno coll’altra. A tutto il resto egli si è sottratto, alle
mode di pensare e di dipingere, a tutto ciò che non
era la sorgente che rampolla dall’intimo. C ’è in lui
una severità e una probità che vanno fino allo scrupolo.
Arte nobile eminentemente italiana, per la ric
chezza delle proporzioni, la bellezza dei toni, e il loro
ritmato accordo. Emana una poesia dolce e serena dal
canto del colore, viva, dotata di una virtù d’irradia
zione misteriosa, che è proprio la luce proveniente
dal quadro. L’oggetto è chiuso dentro una armonia,
che sembra la costante preoccupazione del pittore,
senza la minima discordanza o violenza. Per merito
di essa, non resta delle cose e degli esseri conservata
se non la tenerezza, che è resa tanto più sensibile quanto
più le forme sono semplici e vittoriose. In una parola,
la pittura di Micheletti evoca la fine d’ una bella estate,
il frutto maturo, il momento in cui la plenitudine
delle linfe perde la sua aggressività c sposa alla soavità
di tono, che il sole ha acceso, la prodiga ricchezza
della forma.
Questi paesaggi c questi bambini e queste carni
sembrano splendere di fuoco. Le loro forme, le quali
non ritengono se non i ritmi essenziali, interpretano
con estrema esattezza il sentimento dell’artista *.
Dopo la lettura di questi giudizi così recisi e con
vinti, a chi amasse la riprova delle parole coi fatti non
basterebbe sfogliare un album di fotografie dei quadri
del nostro pittore, ma occorrerebbe una visita allo
studio oppure a una Mostra personale. Non che le
fotografie deludano, ma dànno un’impressione appena
approssimativa della festa e gioia che vengono dal
quadro. Sotto li pennellata rapida e ardita, — talvolta
una macchia tutta di rischio, talaltra un indugio di com
piacenza —, il disegno e nobile e fermo, ma ciò che
guadagna la vista e consola il cuore è la prodigalità in
cessante dei colori e la loro ritmata fusione. Il quadro
ripete sempre la sua unità propri*' dal colore: pallori
di rosa, tenui grigi d’argento, verdi squillanti, delicati
azzurri, arancioni meridiani.
Una bimba che legge davanti alla finestra: la luce
le s’avventa sul viso, avviva i capelli, fa solide le braccia.
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