

con le parole più ingiuriose da agenti della pubblica
forza, in gran parte travestiti *. Molti furono i feriti
ed i contusi. Un giovane avvocato, che si seppe poi
essere il Bertolino, fu malmenato e portato al comando
militare per esservi tenuto tutta la notte in stato di
arresto.
Commentò il citato Pansoia dinanzi il corpo decu-
rionalc, convocato d’urgenza (il 4 ottobre): «siffatto
attentato rassomiglia troppo deplorabilmente a ciò che
si e operato in altre parti dìtalia soggette ad estero
dominio*. Il contegno degli agenti di polizia, egli
pensava, non doveva essere stato suggerito che da
«segreti nemici del re », per porlo in cattiva luce
presso il popolo. Difatti ne erano subito nate « poesie
ed altri scritti che facevano veramente orrore*. La
pubblica coscienza reagisce come può negli stati di
polizia. Ne abbiamo ricordi freschi freschi della nostra
tramontata dittatura.
Leggendo gli atti del «Consiglio generale straor
dinario * convocato in quel giorno, si possono rilevare
le veementi proposte di altri decurioni: il Cav. Brunati,
l'avvocato Sineo, ma non vi si nota alcun richiamo
a consuetudini e prescrizioni che vietassero al corpo
decurionale di attenersi solo a pratiche amministra
tive. La conclusione fu l’incarico dato, a grande mag
gioranza, ai sindaci, che allora erano due, di esprimere
al re il «sentimento doloroso provato dal Corpo decu
rionale per le sevizie usate dagli agenti subalterni della
polizia contro molti pacifici cittadini ».
Nell’udienza, subito concessa, Carlo Alberto tra
sferì piuttosto sui cittadini che sulla polizia il suo ma
lumore. I cittadini non avevano obbedito alla intima
zione di sciogliersi Era stato sconvenevole tentale di
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della nuova fiorita liberale. Sono di quell’anno le ini
ziative, che fecero parere realizzate le speranze dei
patrioti italiani, compiuto il vaticinio di Gioberti sul
l’avvento del Papa, artefice e capeggiatore dell’unità
e dell’indipendenza della patria.
Superata l’iniziale incertezza e perplessità, Pio IX
concedeva nel marzo una libertà di stampa che, pure
contenuta in modesti confini, parve eccezionale con
quista. Seguirono in aprile la creazione della Con
sulta, scelta dall’alto, in luglio l’organizzazione della
guardia civica, più tardi l’istituzione del Consiglio di
ministri. Modesti risultati paiono oggi, dopo il Unto
maggiore sviluppo raggiunto dalle istituzioni demo
cratiche, ma allora primi raggi di sole in una oscura e
mortificante vita pubblica. L ’entusiasmo popolare fu
tale da imporre silenzio ad ogni riserbo, da impedire
ogni pur prudente critica. Persino Morrini invitò il
Papa a procedere innanzi, promettendo di marciare
con lui («opereremo per voi*).
Anche i nostri « bogianen * si sentirono scossi. La
sera del i° ottobre di quell’anno alcuni giovani si
erano raccolti sulla passeggiata dei ripari (« innoccntis-
simamente *, doveva dire il Cav. Pansoia al corpo de
curionale) per cantare l’inno a Pio IX , divenuto po
polare in quei giorni. Alcune migliaia di persone «di
ogni ceto, di ogni sesso, di ogni età * attorniavano quei
giovani, assentendo al loro entusiastico canto, quando
un uomo senza divisa con un bastone (manganello
avant Irttre)
si era gettato su di essi invitandoli a tacere.
Si rispondeva «Evviva il re ». Poi i cantanti, accompa
gnati da molti curiosi, si dirigevano in via dei Car
rozzai (ora
Granari),
raggiungevano via di Portanuova
(ora
Roma)
dove erano «assaliti villanamente e trattati
C a v . G io v a n n i
Ignazio Pansoia.
— Eri uno dei
più vccchi decurio
ni. Eletto nel
i
8
k
>
era ancora in carica
nel 1847, quando
avvenne il tentativo
di repressione delle
manifestazioni pub
bliche per la liberti.
L'antica «ala delle
• Congregazioni ».
(Vi si convocavano
gli «
Uffici decu-
rionali
», composti,
oltre che di due sin
daci, di un «mastro
di Ragione », di al
tri ragionieri e di un
certo numero di
consiglieri e di de
putati di van enti
cittadini).