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Riccardo Sinro fu

brillante avvocato c de­

curione del 1830, co­

prendo alcune cariche

municipali.

Nel 1X47 e ne! 1N4K fu

uni' dei più ardenti pa­

trioti. Ne vmo docu­

mento 1 discorsi tenuti

in Comigììo per le re­

pressioni poliziesi he e la

1 ostiamone. Ad Uniti

uucmiitj, fu ministro

d'Italia.

recarsi al palazzo del Nunzio Apostolico. Non si pote­

vano tollerare riunioni vietate dal codice. Erano in­

vece necessarie la calma e l’armonia per gli avveni­

menti che il re meditava e preparava.

Negli «ordinati » del 1848 si ritrova un altro clas­

sico esempio della « illegittima » intrusione del corpo

decurionale negli affari non di sua competenza.

Il popolo italiano era in fermento, quello piemon­

tese in particolare, dopo gli esempi di Roma e di Na­

poli, per la trasformazione dei reggimenti assoluti in

reggimenti costituzionali.

Nella prima «congregazione » dell’anno questa

aveva esaminato e discusso la proposta del consigliere

avvocato Sinco, colla quale si chiedeva l’organizza­

zione di una milizia cittadina, non per scopi di polizia

locale, ma per la sicurezza e la difesa dello Stato, ove

sorgesse necessità di guerra. Vi fu qualcuno ad osser­

vare che non fosse quello compito dei municipi, ma

10 stesso sindaco, che era allora il marchese Vittorio

Colli di Felizzano, che non passò alla storia come rivo­

luzionario, si fece a caldeggiare la proposta che venne

accolta.

Ma quando, pochi giorni dopo, il 5 febbraio, il

problema fu dibattuto al «Consiglio generale stra­

ordinario * parve ad alcuni dei presenti ormai superato

nei fatti.

Fu il primo ad affermarlo il Cav. De Rossi di San-

tarosa il quale senz’altro, con un caldo discorso che

11 tu integralmente conservato, pose senza esitanza e

senza ambagi netto il problema di una carta costitu­

zionale. La richiesta di una guardia civica poteva essere

preminente ieri, diceva, non lo e più oggi. Deve essere

14

considerata una conseguenza, non il punto di arrivo.

Potcvasi indugiare quando Roma, Toscana, Piemonte

si ritenevano solo Stati riformati. Ora non più. Napoli

ebbe già la sua costituzione. E facile presumere che

la maggioranza della nostra popolazione la voglia.

Ci si dice impreparati. Ma siamo noi piemontesi meno

preparati dei napoletani? Chiediamola al re, perchè

dandola spontaneamente si coroni di nuova gloria e

perchè non sorga il tempo in cui gli sia strappata dalla

violenza.

Per nostro conto, concludeva, abbiamo il coraggio

civile di suggerire al re l’atto supremo. La nostra peti­

zione sarà l’atto più solenne compiuto dalla nostra

municipale magistratura. Finiremo gloriosamente e

morremo immortali.

Dopo il discorso del De Rossi di Santarosa, calda­

mente applaudito, il Consiglio rimase — dice il re­

dattore del documento — in meditazione. Dopodiché

si avviò una discussione di seconda importanza sulla

precedenza che doveva o no avere la richiesta della

costituzione sulla richiesta di guardia civica e sul modo

di compiere l’atto di invocazione al re.

Si concluse decidendo di far redigere, seduta stante,

un memoriale da presentare al sovrano, prospettan­

dogli la necessità di completare le riforme iniziate

colla concezione sollecita di uno statuto costituzionale

e di permettere alla città di costituire un corpo di mi­

lizia cittadina.

In qucll’occasionc il corpo decurionale si definiva

— e la definizione può valere per ogni tempo — «or­

gano dei desideri della popolazione » e non mancava

di ricordare che la petizione partiva dai più affezio­

nati alla persona del re e dai più solleciti dei principi

conservatori. Il richiamo, quando i tempi si facciano

D Cav. Pietro De

Rotti di Santa*

rom . —

Era stato

eletto d e c a rio a S

nel 1840 ed appar­

teneva all'ufficio di

ragioneria, quando

nei 1X4S prese Pini­

ziativa, nel Con­

siglio generale del

5 febbraio, di una

petizione al Re per

una sollecita Co*i-

turooe. Mori il 6

agosto liso