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ILCORPODEHIOIULE II TOM

nel 1847-1848

L’esame degli atti

{ordinati)

sia della «Congrega­

zione » che del «Consiglio generale » decurionali di

Torino, che furono gli antecedenti della nostra* giunta »

e del nostro «Consiglio municipale » ci offrono la

netta prova di un particolare orientamento che an­

cora oggi si discute.

Si afferma di tratto in tratto, specie in presenza di

un atteggiamento che urti qualche nostro radicato

modo di vedere, che le amministrazioni municipali

non si dovrebbero impicciare chc di problemi ammini­

strativi, lasciando ad altri istituti cura dei problemi

politici.

In realtà, anche nell’ «

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», prima dei

corpi locali rappresentativi di origine popolare, gli

stessi designati dal principe si facevano eco, non solo

dei bisogni materiali delle popolazioni, ma delle loro

aspirazioni di altra natura. La giustificazione si

cercava nella necessità di conservare e di rassodare,

ove fosse vacillante, l’autorità del sovrano, e di

concorrere — si diceva — alla «felicità» dei sudditi.

Gli «ordinati» del 1847 e del 1848 racchiudono

alcuni preclari esempi di questa prassi, chc poi conti­

nuerà per un secolo intero, rimanendo la prassi degli

stessi nostri giorni. Ad essa noi teniamo, rivelandoci

in questa materia conservatori, seguendo così, senza

premeditazione, ma nel fatto, l’esempio dei liberali

inglesi, i quali, quando strappavano ai loro sovrani

qualche nuovo diritto costituzionale, volevano ricon­

fermate le acquisizioni precedenti.

Il comune, come organo più prossimo o sensibile

della pubblica opinione e della coscienza popolare, non

può trincerarsi nell’ordinaria amministrazione, ma

commetterebbe un errore talvolta pericoloso se non

avvertisse c non esprimesse le vibrazioni più signifi­

cative che sono destate nei cittadini dagli avvenimenti

esteriori, che li commuovono e preoccupano.

Già i nostri padri la sentivano così.

Pensate al 1847, anno per eccellenza annunciatore

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