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strinse fraterna am icizia, G iovanni

1

)r»»\etti, imito

a loro dagli stessi legumi, scrive in proposito:

>■ I tre scrittori a ll'astro «Iella fama convergevano i

loro sguardi con pari ardore. Mentre Nino Croce

sognava c m ed itava un poema. « Finlandia »,

('amasio <• Oxilia cercavano con ansia la via che

doveva (ondarli alla celebrità. Oxilia la vedeva

nella poesia, ('amasio sentiva clic soltanto nd

teatro era la sua fortuna e persuase l'O x ilia a

seguirlo e a collaborarc con lui ad una prima

commedia.

La comm ed ia, prescelta dalla Società degli

Autori, fu la «Zingara ». Quante speranze e (pianto

discorrerne nel ridotto del calìe Faram ia, ove si

dava convegno la gioventù intellettuale torinese

a mezzodì e avan ti l'ora «li cena... Il giovane

terzetto destava ammirazione e dissidenze... Nel

nostro cenacolo essi acquistarono credito e nes­

suno dub itava che presto avrebbero tro va to il

modo di dare una nuova ba ttag lia ... Nino Croce

esile, con un viso line, delicato, labbra infantili

e due grand i, meravigliati occhi azzurri... a tutti

era caro con quella sua liguretta slanciata e sot­

tile, tu tta grazia e ghiribizzi ironici ».

Dalla «G a zze tta di Torino» il Croce passò

alla «Stampa spo rtiva» (egli fece parte, come

l'Ox ilia , della prima squadra italiana di palla-

ovale, il Rugby C lub Torino) c alla « (ìazze tta del

Popolo» (collaborando alla « (ìazze tta del Popolo

della Domenica «d iretta da K. A. lierta c Giuseppe

Deabate, ligure care della vecchia Torino).

La grande Fsposizionc Internazionale di T o ­

rino del UH I, sistemata al Valentino, Croce l'il-

lustrò in una serie di cronache che documentavano

l'importan te in iziativa cittad ina. Fra un momento

eccezionale per la vita di Torino, che a ll'Ita lia

celebrante il einquantenurio de ll'un ità nazionale

voleva mostrare il suo vo lto antico e moderno,

le sue conqu iste industriali, commerciali, arti-

stielle, il suo primato fra le consorelle nella moda

nelle automobili, nelle films (come si diceva allora).

Questo aspe tto eccitato e festoso della città ,

col suo fascino sottile e penetrante, gl'ispirò un

« libro di sonetti, «

L 'an ima ili Torino

». Il volume

apparve in quello stesso UHI presso l'ed itore

Quinteri di Milano, dedicato al giornalista Dante

Signorini, con una vivace prefazione di G iovanni

Corvetto.

Il

poeta, innamorato della sua città , la ritrae

in alcuni tip ici asjietti

(* Oh mia Torino... ho can­

tati» d i te piem ie cose

»). Le liriche constano di no­

tazioni rapide ed argute, di giudizi amabili, di

sorridenti ironie ed impertinenze, di pittoreschi

rilievi.

Il

primo gruppo di sonetti è dedicato ai in s ­

tici torinesi che costituiscono una simpatica c a ra t­

teristica della città . L 'attenzione del poeta è

a ttra tta dallo spettacolo della folla nel suo in­

cessante fluire pei portici, seguendo il consueto

itinerario che da Porta Nuova giunge, attraverso

via Monta,in Piazza Castello e prosegue p e rv ia Po.

La moltitudine procede lenta in due correnti

inversamente parallele. Ecco giovanotti azzimati

che sostano davanti ai calìe ad osservare il pros­

simo, ecco signor»* e signorine a cui la passeggiata

in centro serve a sfoggiare l'eleganza dell'abbi-

gliamento e a curiosare davanti ai negozi di mode.

Kcco uomini d'affari o di lettere, ogni giorno, alla

medesima ora, nello stesso ritrovo, come gli amici

o gli innamorati. K metodici signori che incedono

con una composta solennità e tan ti altri individui,

giovani e vecch i, che ti passano accanto e che

forse piii non vedrai.

I

to rtici accolgono tutta questa folla che si

rinnova continuamente, in certe ore densa e

ingombrante, in altre rada c silenziosa. Qua e là,

agli angoli, i soliti capannelli di gente che conversa

osserva, aspetta . La vita quotidiana dei portici

culmina al mezzodì c al tramonto, quando dagli

urtici, dalle scuole, dai negozi si riversa la gente e

più intensa è l'attinenza ai bar pel consueto ape­

ritivo. ]•' questo un momento fermo della giornata:

«

l'o r a dei

I

ermouth

»

presto con rispetto

,

off» rio con la grazia piìi cortese:

un liquor ili topazio lauguidetto

e spiritoxo come

id i

torinese ».

1

portici, i « portici cari, risonanti di grida e di

parole » hanno una loro tisonomia che col tempo è

divenuta familiare, anche nei loro dettagli.

L 'apertura delle colonne tra i lampadari pen­

denti inquadra scorci suggestivi:

«

fra i/li archi snelli la il ir ili a Mole

par attingere spazi solitari

»

l'n passato ritorna, attraverso un ’adorabile

rievocazione: è il bicerin servito nei caffè, è il

pallone di Pa lazzo Madama che cadendo segna

l'ora («

e ognun s i segna mi mezzogiorno in p iù

»)

è il rombo d 'una automobile che fa convergere

tutti gli sguardi, è l'atmosfera un po' provinciale

coi suoi pettegolezzi e le sue malignità. Ma a c ­

canto a ciò, oramai per sempre finito, rimane la

folla che anima i portici: le fanciulle che trascor­

rono cinguettando , le signore, i gagà, le « cocottes ».

Tu tto si continua nel tempo; prima del Croce

era stato già così. Massimo D 'A zeg lio allorché,

nominato sottotenente nel Piemonte Reale C a ­

valleria. ebl»e ad indossare una elegante d ivisa

con l'elmo, non seppe resistere, come tu tti i g io ­

vani, a lla tentazione di farsi ammirare passeg­

giando lungo i portici. Fgli stesso ce lo confessa

(« /

miei ricordi

», cap. X I ) « ... potei aver*1 l'inef-

fabil gioia «li vedermi presentar l'arme «lalle sen­

tinelle e «li girare tino all'ora «li pranzo in su e

in giù ]>er i portici «li via di Po, oude nessuno dei

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