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materiale detritico convogliato c premuto (quasi na­

turale smeriglio) sulle roccie, un’intensa levigatura e

striai lira........per modo che dopo il ritiro dei ghiacciai

esse- rimasero come meravigliose superfici lisciate, lu­

cide. alquanto rossicce per successiva alterazione, clic

appaiono complessivamente come grandi specchi la­

stroni inclinati; e tali quindi da attirare l’attenzione

di chi passa m tale regione, talora cosparsa di grandi

blocchi rocciosi anche levigati ».

Allo stesso periodo glaciale debbono la loro ori­

gine i laghi e laghetti sparsi per tutte quelle valli ad

accrescerne la seduzione. Son più di trenta! Adagiati

i»Ii uni in conche tappezzate di pascoli tra cui riful-

gono come zaffiri, coronati gli altri da fitte foreste

di larici e d’abeti che vi si specchiano ombrandone le

rive, incassati altri ancora fra cupe rocce vertiginose

die danno loro una tinta nerastra, costituiscono altret­

tanti quadri, sempre diversi così per la cornice come

per le forme e i colori.

Ecco tra essi i tre Laghi lunghi, il lago deH’Olio, 1

tre laghi del Basto, dei quali il maggiore, lungo 111. SSo,

largo 460, misura

27

ettari; poi ancora il lago Nero, il

bellissimo Iago Verde, il lago Gelato, i laghi dell’ Agnelli»

1 laghi di Fontanalba. Quanti e quanti ! E i corsi d’acqua

che li alimentano o ne scaturiscono, scorrendo ora in

cupe gole di orrida bellezza, ora tra fitte solenni fo­

reste, ora in ampi recinti erbosi ridentissimi — qual e,

ad esempio, la deliziosissima conca di Casterino — ;

e le cascate e cascatelle che qua e là rimbalzano tra

1 massi; e le mille specie di fiori che nella stagione

migliore coprono declivi e prati e nxrce in 1111 fanta­

stico prodigioso tumulto di forme e di colori; e ancora

le zone metallifere che la regione comprende, tra cui

1 filoni di galena e di rame della cosiddetta

Miniera

</i l

'all,viriti,

che si vuole fossero già noti agli anti­

chissimi Fenici, sono meraviglie aggiunte a mera­

viglie che ben meriterebbero d ’essere conosciute.

Ma la meraviglia maggiore e ancora un’altra, che

inerita particolare rilievo. Sono le celeberrime inci­

sioni preistoriche che a migliaia e migliaia coprono

quelle rocce 111 tutta la regione attorno al monte Bego;

misteriose figurazioni, scolpite poco profondamente,

isolate o a gruppi, con strumenti appuntiti di pietra

0 di bronzo, che rappresentano una quantità di cose.

Le ime son disegni rudimentali di armi, utensili dome­

stici, strumenti di lavoro: ascio e accette, pugnali,

lance, mazzuoli, piccozze, laici; e poi ancora aratri

isolati o trascinati da buoi, carri, pelli di animali, ca­

panne e proprietà. Altre rappresentano simboli e riti

religiosi — così almeno si crede: armi sacre, l’altare,

il sacerdote orante, spinti benefici e spiriti malefici;

e il segno che qui ricorre frequentissimo a simboleg­

giare la divinità suprema, e forse lo stesso monte

Bego venerato come Dio, è quello d’un animale cor­

nuti» e particolarmente del bove, considerato come

l'incarnazione del dio supremo. Altre ancora di quelle

strane incisioni rupestri, non più a punteggiature come

tutte le precedenti ma a linee continue, parrebbero

essere i segni d’una scrittura ideografica da decifrarsi,

per la quale, schematizzando figure di cose note, si

sarebbe dato loro un particolare significato.

L’interessamento per questo grande mistero del-

l’ Alpe nostra si è destato soprattutto dalla metà del

secolo scorso: più ancora degl’ italiani se ne occupa­

rono gli stranieri, che ne riferirono a parecchie Società

scientifiche cercandone la spiegazione. E natural­

mente le spiegazioni furono diverse, opinando gli uni

che tosse quello 1111 rudimentale alfabeto di popolo

indigeno antichissimo, pensando altri che quelle inci­

sioni si dovessero ai Fenici, attribuendole invece altri

ai sol '

ti

di Annibaie, niente di meno, oppure ai

Saraceni, oppure a schiavi negri degli stessi Sara­

ceni, ecc. Ma chi nello studio del difficilissimo pro­

blema ha superato tutti 1 suoi predecessori, attenden­

dovi con molto maggiore scrupolo e preparazione, è

l’inglese Clarcncc Bicknell, che per ben vent’anni con­

secutivi, dal 1S97 fino al 191X in cui la morte troncò

l'opera sua, attese ad esplorare tutta la regione, a foto­

grafare o decalcare le innumerevoli incisioni sparse

per essa, ad illustrarle in una lunga serie di pubblica­

zioni di grande valore. E in queste egli espose via via

le sue ipotesi che si riassumono in una spiegazione

del mistero più d’ogni altra attendibile, alla quale più

recenti studiosi, tra cui Pietro Baroccili c Federico

Sacco,(i) hanno portato il sussidio di nuovi argomenti.

Quale sarebbe, dunque, questa spiegazione ?

Eccola in poche parole. In tempi lontani lontani,

assai più remoti che quelli di Roma, venivano alla

regione che 1101 oggi chiamiamo delle Meraviglie

(1) t ir. I’. Itarocclli. • I %>/

Mrr.nii’iir e

», in Atti Società

Pieni A n li. c lid ie Arti. voi. io. fase. I Tonno, iy 2 i; F. Sarco,

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in Boll. ld . 1930.

Sarei tirili* Incisioni rupestri «Irl Monlr B»*o

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