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locamcnto dei tubi erano pratiche tra loro interdipen­

denti: l'una non si poteva ottenere senza aver risolto

gli altri accordi. Comunque il Municipio di Torino

portò tutta la sua buona volontà per la soluzione.

Il 30 aprile 1837 il Consiglio generale della Città

accolse la domanda. L ’8 gennaio 1838 si stipula —

notaio Domenico Signorotti — il contratto di Società,

e il 4 maggio la Città di Torino, con particolare e

lodevole sentimento di comprensione dell’ importanza

del progetto, concedeva gratuitamente alla società il

passaggio dei tubi conduttori « sotto il suolo delle

vie, piazze e siti della Città ».

La Città di Torino, naturalmente, si riservava la

facoltà di servirsi della società per la sua illuminazione

pubblica, imponendo perciò l’onere alla società di

stabilire entro 3 anni un gasomctro atto a erogare

tanto gas quanto fosse necessario per illuminare parte

della Città; onere che veniva compensato dalla pre­

ferenza della Città verso la società per l’illuminazione

stessa. Tuttavia la Civica Amministrazione non con­

cedeva il monopolio alla Società, non intendendo es­

sere « ne punto, ne poco paralizzata nella facoltà di

accordare ad altre società, che potrebbero essere erette

in questa capitale per lo stesso argomento dcH’illumi-

nazione a gaz, uguali o consimili concessioni ».

L’antica « Compagnia * torinese, prima in Italia,

così costituita, inizia col 1838 la sua concreta at­

tività.

Purtroppo però gli entusiasmi dei promotori e dei

sottoscrittori non trovarono conferma nella realtà dei

fatti. Nel 1840, '41, ’42 e '43 i bilanci si chiusero in

perdita. La popolazione era sempre restia all’ uso del

nuovo combustibile. Al i° settembre 1840 solo 1200

fiamme erano state accese dai privati nelle proprie

abluzioni o nelle botteghe e gli introiti delle società si

limitavano a 84 mila lire. Nel 1843 le fiamme erano

salite a 2.532 per 525 abbonati.

Funzionava questo primo gasomctro nel Borgo

S. Secondo (gasometro di Porta Nuova) (oggi via Ca-

inerana, già via Gasometro) e si serviva naturalmente

solo i privati abbonati. Come funzionasse il sistema

ci informa Alberto V irigho(i): tanti abbonati, tanti

tubi che facevano capo al generatore. Alla sera si

aprivano i rispettivi rubinetti e il gas entrava. Se un

abbonato dimenticava di pagare la quota bastava tener

chiuso il rubinetto ed era servito!...

li prezzo, per l’alto costo unitario di produzione,

a causa delle forti spese fisse relativamente alle unità

prodotte, si aggirava attorno ai 60 e più centesimi

al metro cubo, prezzo certamente assai rilevante.

II.

- Dopo le dimissioni del Gauticr, amareggiato

per gli scarsi risultati, la storia del gas si arricchisce

di un nuovo importante capitolo. La città era illumi­

nata ad olio e 628 erano le lanterne ad olio distribuite

per l’illuminazione stradale. Sfogliando gli « Ordinati »

del Municipio di Torino troviamo che il 30 aprile

del 1846 la Ragioneria autorizza il Mastro di ragione

a far eseguire nella

Via Nuova

(oggi via Roma) le

opere per l’esperimento di illuminazione a gas, riav­

vicinando anche i lanternoni in

Dora

Grossa (via Ga­

ribaldi) lungo tutto il tratto tra piazza Castello c la

chiesa dei SS. Martiri, ai fini del medesimo « esperi­

mento « (2).

Era l’inizio dd l’illuminazione pubblica, che trova

concreta realizzazione col capitolato d’appalto della

città (sindaci Vittorio Colli e Giovanni Nigra) con

la Società Anonima del Gas. Da questa data inizia

pure la pro^-rità della feconda industria, «soddisfa­

cendo per tal modo ad un sentito pubblico desi­

derio « (3).

La società doveva somministrare il gas a 45 cen­

tesimi il metro cubo ma il Municipio ribadiva di non

assumere impegni circa l’esclusiva concessione del sot­

tosuolo, onde evitare monopoli. Il contratto era stato

stilato per 9 anni e il costo preventivato per 250 fanali

era pari a 30.000 lire.

Tale è dunque il numero dei fanali che il i° ot­

tobre 1846 illuminavano, col sistema ordinario della

semplice fiamma a ventaglio, di nuova splendente

luce Dora Grossa (via Garibaldi) (fino alla chiesa dei

SS. Martiri), via Nuova (via Roma) e poco dopo

anche via Po, Piazza Castello, via S. Teresa,

Piazza S. Carlo e Piazza Vittorio Emanuele. Essi sal­

gono a 438 nell’anno successivo, a 462 nel 1848, con

una spesa annua di L. 162.270. Il resto della città era

ancora illuminato da 469 lanterne ad olio, sistema ini­

ziato nel 1675 e migliorato nel 1782 e 1826 quando

per le spese di mantenimento s’impose un dazio sulla

paglia e sul fieno (4). Col 1852 si accingeva il Comune

ad illuminare a gas anche «alcune parti più rimotc

della città e borghi *(5). Ma i fanali ad olio resiste­

ranno per oltre mezzo secolo e nel 1899 ne esistevano

ancora 133 nelle regioni di Luccnto, Madonna di

Campagna, Pozzo Strada, Bertoulla, Mirafiori. Ma

intanto a 481 erano saliti fin dal 1849 i lampioni a

gas e ridotti quelli ad olio a 386 e la città concordava

coi fratelli Gaudenzio e Francesco Albani di impian­

tare un nuovo gasomctro in Borgo Dora costituen-

(1)

A .

I

'ingHo.

Torino

i Torinesi,

Tonno, Lattei, 1898.

(

2

)

OrJuu/i

dei Municipio di Torino,

Conàglio Generale

».

1846,

pag. 155 e 434. Archivio del Municipio.

(

3

) IbUm . Archivio tiri Municipio, «Ordinati». c«.

(4)

D.

Bertolotti. P u e r i l i » di

Torino.

Pomba.

1840,

pag.

63

.

(}) .Atti 4rl Municipio ii Torme,

17

gennaio

1852,

pag. J9*.

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