Table of Contents Table of Contents
Previous Page  44 / 729 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 44 / 729 Next Page
Page Background

STENOGRAFIDICENT’ANNIFA

IVr quanto la stenografia non

m

possa definire

un’arte moderna, venerando essa il suo progenitore

nel romano Tirone (il che è a tutti noto), pure l'enorme

sviluppo che essa ha raggiunto è assai recente e stret­

tamente connesso al ritmo assunto dalla vita civile,

politica ed economica in questo ultimo secolo. I a

quale ha fatto in cento anni passi da gigante e la ste­

nografia l’ha seguita baldanzosamente a ruota.

Nei primi decenni del secolo XIX non si sentiva

davvero il bisogno di stenografi. I regimi politici d’al-

lora non consentivano pubblici dibattiti di opinioni e,

solo quando sorsero 1 parlamenti, si sentì la necessità

di resoconti stenografici. Inoltre i giornali avevano

dimensioni, oseremmo dire microscopiche che tutti

conoscono; non c era il telefono, non esistevano le

macchine da scrivere, quindi il giornalista stenografo,

che oggi rappresenta con lo stenografo parlamentare

l’

elite

dei cultori della stenografia, non era neppure

concepibile. Lo stenografo poteva tutt’al più essere

adibito a raccogliere qualche predica o qualche lezione

universitaria, oppure essere impegnato nei dibattiti

giudiziari. Quest’ultima necessità è invero assai sen­

tita anche oggi, ma ad essa, a mezzo del secolo XX ,

non si è ancora provveduto e mentre qualsiasi capo uf­

ficio di media azienda ha la sua brava stenografa, nelle

nostre corti giudiziarie — fatte poche eccezioni di

«cancellieri-stenografi » — si assiste ancora all’anna-

sparc del Cancelliere che \erga come può i resoconti,

con quale chiarezza e fedeltà è facile immaginare,

mentre quando tuona la tradizionale frase «sia messo

.1 verbale », bisogna sospendere il procedimento per

dar tempo allo scrivente di fissare le parole pronun­

ciate, che dovranno poi servire di base agli ulteriori

sviluppi della causa.

Ma non andiamo fuori tema.

Il fatto è che proprio nel 1848, con l’apertura del

primo Parlamento Subalpino, si senti a Torino il bi­

sogno di avere degli stenografi che assistessero alle

sedute e tramandassero ai posteri 1 pubblio dibatti­

menti su questioni che erano di vitale importanza

nazionale.

Pochissimi erano allora in Italia i cultori della ste­

nografia e quando si parlava di uno stenografo pra­

tico, all’altezza della situazione, si allludeva senza sot­

tintesi a Filippo Oclpino che si serviva del sistema in­

glese Taylor, da lui stesso modificato e adattato alla

lingua italiana. Il quale sistema era basato essenzial­

mente su un principio che, tollerabile per le lingue

nordiche povere di vocali, è assolutamente inadatto al

nostro idioma. Esso infatti consiste, — grosso modo —

nello scrivere, con segni speciali, le sole consonanti,

omettendo le vocali medie e finali di parola. Basta

la semplice enunciazione di questa regola per far ca­

pire anche ad un profano, che sorta di resoconti po­

tessero venir fuori da una stcnoscrizionc di tal fatta.

Si deve proprio ammettere che la stenografia, nel

senso moderno della parola, era anche essa, come

tante altre cose, ancora in fasce cento anni fa. Infatti

scrivendo per esempio i tre segni P, R , T, si potrà

leggere indifferentemente tanto

parete

quanto

porta,

Iarata, prete, parte, pirite, pirata,

ecc.

Nmi meraviglia quindi se mentre nell’atto di na­

scita della stenografia parlamentare (ossia nella rela­

zione che sanzionava l’introduzione nel Parlamento

Subalpino degli stenografi), si legge che

l’arte ste­

nografica è un necessario strumento di ogni governo

rappresentativo, in quanto ogni governo rappresen­

tativo riposa essenzialmente sulla pubblicità dei dibat­

titi delle Camere e questa pubblicità, nel senso costi­

tuzionale, non può conseguirsi ove la parola degli ora­

tori non sia, per così dire, fermata nel suo volo tra­

scritta sulla carta e divulgata a mezzo della stampa »,

poco dopo, mentre si discutevano con ardore le

urgenti necessità della guerra di indipendenza, più di

un deputato fu costretto ad intervenire per protestare

contro le malefatte dcH’ ufficio stenografico parlamen­

tare che attribuiva talvolta ai deputati dichiarazioni

inesatte, non di rado fino al punto da parere incredibili

e impensate.

Il deputato Farina, ad esempio, incolpa gli steno­

grafi di voler fare dei « resoconti a capriccio * e il

deputato Ciotto Pintor protesta perchè i resoconti

fanno dire « agli oratori cose fantastiche, mai accen­

nate ».

34