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manifestazioni chc l’ Europa abbia sapute' dare, è stata

l’espressione più sincera e fattiva del nostro gusto

latino, della nostra volontà di ricostruzione, delle

nostre risorse morali e spirituali. Nel mondo trava­

gliato è sorta un’opera di pace.

Quanta genialità di produzione nei pullulami che

Viberti, Casaro, Lancia, Fiat e tutti eli altri hanno

presentato1 Gioielli di tecnica. Tutti 1 contorti richiesti

peri lunghi viaggi, conforti che difettavano nei rutilanti

treni stradali, sono stati apportati. Abbiamo visti' le nuo­

ve macchine da corsa che tanno strabuzzare gli occhi

al mondo attonito con il loro carosello di vittorie; ci

siamo estasiati di fronte alle macchine di lusso Isotta,

Fiat, Lancia, Alfa e tante altre e abbiamo trattenuti'

per un momento il respiro tormentati dalla gioia e,

perchè 110 ?, dal malessere dell’invidia. E le piccole

macchine utilitarie tra le quali campeggiava la piccola

giardiniera della topolino, bella come un giocattolo,

e pur così comoda! E le innovazioni suggerite dalla

tecnica e dagli esperimenti di questi recenti anni, e

eli accessori: di tutto c ’era nella Mostra dall’auto­

treni' mastodontico alla vettura a quattro posti

con 3>o cine, di cilindrata.

* * *

Ci tu un unico guaio e bisogna confessarlo. Non

siamo incensatori a tutti 1 costi. Più volte nel Salone

si verificò della contusione. Dovette intervenire la

celere. Ma non formalizzatevi. I tutori dell’ordine

dovettero accorrere per la ressa e tanta era che qualche

vetro andò in frantumi. Con grande gioia — oh i

sadici — degli organizzatori. Da più parti insistettero

perchè tosse procrastinato il termine di chiusura, ma

gli avvenimenti automobilistici sono regolati da un

consesso internazionale e si dovette tare, come si suol

dire, di necessità virtù. Fu questa la seconda critica

mossa dal pubblico alla grande rassegna e 111 essa, con­

veniamone, è il miglior elogio.

Così riuscissero tutte le iniziative. Un’era nuova

si aprirebbe .

della terra cosi assetati di pace

e invischiati 111 guerre.

PIERO MOLINO