

L ’angelo operaio è ancora inconsapevole della
grazia che lo ha toccato. La stia gioia è ancora tortura.
Allo sguardo di Dio egli dorine ancora. Eppure da
questo momento egli è posseduto « dalla terribilità di
quel dono... Nulla è più suo, tutto appartiene allo
spirito affocante non caduto in lui ma da lui scaturito ».
(Lettera a^li
«
unici).
Ed interroga se stesso, beve il suo stesso pianto, si
sente abbandonato nel momento in cui il cielo lo pos
siede con pienezza di mistero e di verità.
Angelo di fuoco in me precipitino
distruggi il mio peccato,
lo sbrani e lo divori
e in ceneri d'allori
cammini dolce e spietato;
e per rifarmi il cuore
cantuccio di giardino
lo circondi di spino,
10 semini di dolore.
Vuoi che da questa zolla,
schernito dalla folla,
canti a chi non m'ascolta,
chieda a chi non si volta
11 pane che mi rubò?
Vuoi che questa figura
divenga nuda croce
e la mia stessa voce
sia ^rido di sciagura?
Vuoi ch'io scordi chi amo
ultima foglia sul ramo
la sola che il
vento lasciò?
Vuoi
bruciare tu stesso
col libro del mio passato
i fiori che v'itan lasciato
le primavere, i giorni.
Vuoi acceccare questi occhi
che inseguirono la bellezza?
Basteranno come monete
a comprare una certezza?
Basteranno perchè tu tolga
una piuma dalle tue piume,
una favilla per farmi lume
e il Signore a me si volga?
Dimmi, Angelo vermiglio,
il prezzo della tua pace.
Ma è chino sul mio ciglio
a bere lagrime, e tace.
(Angelo di fuoco).
Ogni libro di vera poesia lia una sua ora di luce
riconoscibile nel consumarsi del giorno o della notte;
questo «Angelo di fuoco » arde nell'attesa dell’ alba.
Sulle cose che lo circondano non c’è riverbero di
fiamma. L’ombra si stipa fragile a creare spazio alla
solitudine, spazio e mistero, e silenzi dove un battito
d’ala ha valore di rintocco e di pausa. Ma anche l’ala
brucia e sola una piuma rimane a mezzo il cielo, cor
porea testimonianza della realtà dell'essere ancora ri
luttante preda della terrestrità, e non ingrata delle
gioie che essa comporta quando l’anima è tutta con Dio.
.Y
on tutta ancor consunta
l'opaca carne,
fuoco che non si consuma
nel cristallo dell'aria.
anima solitaria
a quale
altezza sei
giunta.
Da te staccata piuma
greve se pur leggera,
in volo effimero cado.
Ed ecco, ancor son io
■un'ombra nello sguardo di Dio.
Su qual colle remoto
cadrò, sii quali nevi?
In quale nido
vuoto
potro attendere ancora
che una tempesta a te mi risollevi?
Se scaldare di me potrò quel nido
fa ch'io non veda
calar rotando il falco senza grido
e insanguinarmi ancor della sua preda.
Ltiscia ch'io cada allora in un giardino
e si fermi al cancello il poveruomo
e la donna che porta il suo bambino
ora a chiedere un fiore ed ora un pomo.
Abbandona il mio cuore
in questa piccola terra di spino
smemorata del frutto e del fiore.
Sui colli è dolce attendtre il mattino.
(Cade una piuma).
In questi lineamenti deve essere riconosciuto l’ar
cano senso di questo libro: nella stona di un angelo,
la stona dell'uomo e nella sua speranza la sola felicità
ancora possibile.
L’ umanità del libro è nell’ universalità del dramma
che ci propone e la sua modernità nell’angoscia che
il poeta sorprende con lirico turbamento al limite di
dolorose esperienze umane.
PAOLO ZÉFETRIN