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Madonna di Campagna. All’origine di questa mancata corrispondenza biunivoca è la non
coincidenza tra le aree di pertinenza considerate nelle varie sezioni storiche: i 23 quartieri
nel 1984, le 10 circoscrizioni nel 1992, le circa 30 zone borghigiane oggi
34
. Si dà di conse-
guenza conto delle eventuali variazioni susseguitesi, dall’individuazione nei
Beni culturali
ambientali
, alla conferma nello studio preliminare al nuovo PRGC del 1995, all’assunzione
al rango di elemento “di valore” nel piano regolatore stesso.
Esaminando quindi le infrastrutture pertinenti a ogni specifico insediamento borghi-
giano, si individuano nel sistema stradale gli elementi principali e secondari con parti-
colare attenzione alle vie caratterizzanti l’ambiente e, nel sistema idrico, oltre ai fiumi e
torrenti, si considerano i rii, i canali e le bealere, segni storici di particolare pregnanza
35
.
Completata la lettura ad ampio raggio (riscontrata e documentata in sopralluoghi
ad
hoc
) con i riferimenti ai ponti e alle aree pubbliche – piazze, slarghi, spazi verdi – si passa
di scala, analizzando il costruito.
Nell’ottica, pienamente condivisa dai quattro autori, per cui nelle realtà urbane qui
considerate è da privilegiare l’insieme ambientale rispetto all’edificato (perché nel primo,
di cui l’altro è il completamento, si celano i segni che ne documentano la storia e ne moti-
vano la conservazione), ci si è rifatti alle indicazioni assunte dalle ricerche precedenti per
quanto concerne i manufatti edilizi, suddividendoli in categorie
36
.
Trattando dell’edilizia per la residenza si sono privilegiati i quartieri di edilizia popo-
lare e i nuclei pianificati a ville, villini e palazzine, caratterizzanti a livello ambientale ben
più delle singole costruzioni, ricordate quando presentino propri particolari caratteri
architettonici.
L’edilizia per l’attività scolastica, per il culto e per i servizi vari si è mantenuta, nella
sostanza e nella generalità dei casi, abbastanza simile a quella segnalata nel 1984, mentre
il patrimonio a suo tempo individuato dell’edilizia per l’attività agricola e per l’industria ha
subito un tracollo generalizzato. Le cascine sei-settecentesche, allora riscontrate in gran
numero soprattutto nelle aree più periferiche, sono ora in massima parte riplasmate con
cambio di funzioni, oppure demolite. I complessi industriali, che negli anni ottanta oc-
cupavano in molti quartieri parti preponderanti del tessuto urbano, risultano oggi per la
quasi totalità dismessi o abbattuti, creando dei vuoti di incerta e difficile risistemazione,
spesso sostituiti da un’edilizia per lo più squalificata e squalificante il contesto ambientale
storico del borgo o della borgata.
Come concludere queste note che, dovendo tracciare i legami tra vicende di per sé
noiosissime, spero non siano risultate troppo soporifere per il lettore?
Mi piace farlo con un auspicio: come le ricerche precedenti che ho ricordato hanno
contribuito a mantenere in vita, per anni, brani del tessuto che documenta la storia “mi-
nore” di Torino, possa il lavoro qui presentato ottenere risultati analoghi, visto che, adot-
tando uno slogan ormai datato ma che ritengo sempre valido, «la conoscenza è la prima
condizione per la conservazione».
34
I nuclei borghigiani sono in realtà 31, ma avendone accorpati alcuni per ragioni analogiche, risultano 16
borghi (accorpati Barca e Bertolla) e 12 borgate (accorpate Montebianco e Monterosa, Sassi e Rosa) per un
totale di 28.
35
Cfr. fig. 5.
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Nel rifarsi ai dati riportati da
Beni culturali ambientali
non si sono selezionati gli elementi in base alle classi
valutative, onde evitare le sperequazioni denunciate in precedenza. (Cfr. il testo in corrispondenza delle note
21-24).