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Turin and the “social saints”

Cottolengo, Cafasso, Don Bosco,

Murialdo, Faà di Bruno, Faletti di Barolo,

the choice to stay with the last ones

One of the well-known connotation of the nineteenth

century Turin is that of city of “social saints”. In fact,

during the first half of the century, there was an unusual

presence of figures who spent their time helping people

who lived in critical conditions.

The 19th century began with the French occupation and

with Turin’s demographic disaster. However, the Restoration

led immediately to a large increase in population and, once

again, Turin became an important military center.

With reference to the documents concerning the

social works of that period, together with the proofs

of the relationships between Church, Monarchy and

Government, it is possible to catch a common project.

Therefore, in order to celebrate the second centenary

of the birth of Saint John Bosco, it is very important to

consider the whole context.

Following the transfer of the Kingdom of Italy’s capital,

the role of Turin changed inevitably. The Government

gave the city new resources; however Saint John Bosco

had excellent abilities to integrate into this context.

Finally, it is not possible to study the socio-economic

development of Turin without considering the initiatives and

works of Saint John Bosco. In fact, the well-known Valdocco,

together with the Church and Institute of Saint John the

Evangelist in San Salvario and the College of Valsalice

showcase, on the one hand, the interest for the expansion of

the city and on the other hand for the rise of a ruling class. ■

It is not possible to study

the socio-economic

development of Turin

without considering

the initiatives and works

of Saint John Bosco

Veduta generale di Torino

,

litografia di Fichot, 1882

circa. Archivio Storico della

Città di Torino.

1846]». È noto che i ragazzi di don Bosco si ritrovavano in

vari luoghi della periferia settentrionale cittadina, dai mulini

Dora al cimitero di San Pietro in Vincoli, ai semplici prati,

prima di disporre della sede definitiva a Valdocco, la casa

Pinardi, affittata prima in parte e poi acquistata. Proprio l’atto

di acquisto della casa testimonia la presenza del gruppo: gli

acquirenti furono, per parti eguali, Giovanni Borel, Giovanni

Bosco, Giuseppe Cafasso e Roberto Murialdo. Nel 1853

Cafasso e Bosco acquistarono le parti di Borel e Murialdo. Nel

1860 anche Cafasso lasciò la sua parte in eredità a Giovanni

Bosco. I rapporti di don Bosco con le istituzioni cittadine,

come del resto di tutti gli altri personaggi del sociale, furono

molto intensi e molti sono gli episodi che lo confermano. Un

esempio: il salesiano utilizzò spesso lo strumento delle lotterie

per finanziare le sue iniziative e il loggiato interno di Palazzo

Civico fu eletto a luogo abituale per i sorteggi.

Dopo il trasferimento della capitale del regno d’Italia, Torino

vide inevitabilmente trasformato il suo ruolo. Il Governo

diede alla città nuove risorse in alcuni settori; assunsero

rilievo fondamentale gli stabilimenti militari, premessa al

futuro sviluppo industriale. Don Bosco si inserì con efficacia

anche in questo contesto. Il nuovo arsenale militare a Borgo

Dora si situava alle spalle dell’opera di Valdocco e poco

lontano, in corso Siccardi, si collocava l’innovativo Opificio

Meccanico Militare, destinato alla fabbricazione delle divise

militari. Non si può non pensare a questi due opifici vedendo

le scuole professionali promosse da don Bosco per fabbri e

sarti. La sua opera andava al di là della pura assistenza e si

preoccupava di un futuro migliore per i giovani e la città.

A ben vedere non si può studiare lo sviluppo urbanistico,

economico e sociale di Torino senza inseguire don Bosco

nelle sue iniziative e nelle sue opere. Oltre al più noto

Valdocco, anche il complesso di San Giovanni Evangelista in

San Salvario e il collegio di Valsalice testimoniano l’interesse

da un lato per l’ampliamento della città e dall’altro per la

formazione della classe dirigente.

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