

Rivista MuseoTorino / n.8
Torino
e i santi sociali
di
Giuseppe Bracco
na delle più note connotazioni della Torino
dell’Ottocento è quella che la fa definire come
città dei cosiddetti “santi sociali”. Infatti,
nella prima metà del secolo si è verificata
una singolare presenza di figure (laici, preti e
religiosi) che hanno dedicato la loro attività
soprattutto alle esigenze e ai bisogni di una
parte importante della popolazione, che viveva
in condizioni di criticità. Un elenco completo
è difficile, anche perché oltre ai nomi più noti, da Cottolengo
a Cafasso, da don Bosco a Murialdo, ai Falletti di Barolo, vi
fu un complesso variegato di individui che operarono in un
accordo singolare, anche in posizioni meno appariscenti. Per
comprendere appieno il fenomeno occorre fare riferimento
alle condizioni sociali di una città che si trovò ad affrontare nel
corso dell’Ottocento una situazione certamente difficile a causa
dei continui mutamenti storici ed economici.
Il secolo si era aperto con l’occupazione francese, con
l’annessione che aveva relegato Torino al ruolo di città di
frontiera: dai documenti contabili inviati all’attenzione
dell’imperatore traspare il disastro demografico della città. La
popolazione era scesa a poco più di 65.000 individui dopo avere
sfiorato i 100.000 nei primi anni novanta del Settecento, ma la
stratificazione sociale si era a dir poco degradata nella grande
crisi europea del 1810-12. Il numero dei fanciulli abbandonati
e trovatelli, storico indice delle difficoltà della società
preindustriale, era di 1.886 nel 1807, mentre nel 1813 era salito
U
Cottolengo, Cafasso, don Bosco,
Murialdo, Faà di Bruno,
Falletti di Barolo: la scelta
di stare con gli ultimi
Don Bosco, chiesa
di Maria Ausiliatrice.
Fotografia di Roberto Cortese,
2015. Archivio Storico della
Città di Torino.
Orfanelle e Rosine
, incisione
acquerellata di Gallo Gallina,
1834. Archivio Storico della
Città di Torino.
Torino e i santi sociali
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Turin and the "social saints"
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