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Rivista MuseoTorino / n.8

con Alessandro Antonelli, sceglie agli albori degli anni

ottanta un lotto nelle adiacenze di corso Vittorio Emanuele

II per la realizzazione della propria sinagoga. L’attenzione

di don Bosco si concentra su un isolato in affaccio sul

vialone del Re (l’attuale corso Vittorio), all’angolo con

via Madama Cristina, asse di penetrazione all’interno del

nuovo quartiere, in prossimità di quella che diventerà

un’importante zona mercatale.

Se la presenza dell’oratorio è documentata sin dal 1847,

le acquisizioni diventano più numerose solo a partire dal

1870, da quando il complesso in Valdocco è concluso e

si può, quindi, far convergere le energie verso un nuovo

obiettivo. La presenza sino a quel momento precaria diventa

stabile: si vuole inoltre sgravare la cittadella salesiana in

Valdocco, ormai in piena attività e punto di riferimento dei

forse troppi bisognosi. Agli antipodi della città è necessario

realizzare un nuovo complesso che trova nella chiesa

l’edificio maggiormente rappresentativo, ma che deve anche

dotarsi di strutture assistenziali.

Edoardo Arborio Mella presta gratuitamente la propria

opera e redige il progetto; non essendo architetto, per la

presentazione dei disegni ai competenti uffici municipali si

deve avvalere della collaborazione di Antonio Spezia, che ha

mantenuto stretti rapporti con la congregazione salesiana.

Nel 1881 si apre il cantiere del collegio (inaugurato nel

1884). Mella è garanzia di scelte legate al revival medievale:

fervente cattolico, è quasi alla fine della sua lunga carriera

durante la quale ha lungamente studiato l’architettura

medievale piemontese ed europea. Il 14 agosto 1878 è

posata la prima pietra e anche in questa occasione la

capacità di coinvolgere istituzioni e persone dimostrata dal

prete torinese è una garanzia per la raccolta di fondi.

La scelta del codice neomedievale per il nuovo

complesso salesiano appare ancora più importante se

letta in riferimento con i quasi coevi templi di culti non

cattolici realizzati a pochi metri di distanza: il già citato

tempio valdese (Luigi Formento, 1851) e la sinagoga,

ultimata quasi negli stessi anni (Enrico Petiti, 1884),

che la comunità ebraica ha fortemente voluto in forme

neomoresche. Prende corpo in questo modo,

entro pochi isolati del quartiere San Salvario, una sorta

di

promenade architecturale

fra i diversi codici stilistici

del repertorio eclettico: le differenti comunità religiose

ribadiscono le proprie appartenenze culturali presentandosi

sul palcoscenico urbano con “vesti” differenti.

La chiesa di Maria

Ausiliatrice e l’oratorio

di San Francesco di Sales

,

particolare del dipinto,

conservato nella chiesa,

di Tommaso Lorenzone

San Giuseppe, la Vergine

e il Bambino

, 1872. Fotografia

di Roberto Cortese, 2015.

Archivio Storico della Città

di Torino.

Il Cottolengo, interno del

cortile.

Archivio Storico della

Città di Torino.

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