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entravano in un cono d'ombra. La guerra, le carestie, i disordini, la paura crescente

per la vicina Francia rivoluzionaria e repubblicana, la crescente chiusura al nuovo dei

re sabaudi alimentavano una situazione che precipitò definitivamente alla fine del

decennio

lO.

Un'epoca si chiudeva, un'altra si apriva. I versi di Metastasio messi in musica a

Torino dal grande Gaetano Pugnani andavano in soffitta; l'armonia delle note spu–

meggianti e carezzevoli di Mozart, non ignote ai salotti torinesi, era ormai coperta dal

fragore delle armate di un nuovo geniale giovane prodigio, ma in tutt' altro campo, il

generale Bonaparte. Anche i salotti torinesi tacevano, per ricominciare di

a poco una

vita diversa durante l'impero napoleonico, sulla quale però, in assenza di studi specifi–

ci, disponiamo soltanto di qualche spunto del tutto generico.

In verità, a danno del salotto napoleonico e della Restaurazione, ha giocato un pre–

giudizio costruito dagli uomini del Risorgimento e del post-Risorgimento, i quali die–

dero vita allo stereotipo negativo di un luogo di disimpegno civile, di stanca prosecu–

zione del cicisbeismo, del pettegolezzo, del servilismo all'imperatore, dell' alcova e del

gioco che - a loro dire - già avevano sfibrato il salotto tardo-settecentesco, con poche

eccezioni, come la contessa d'Albany a Firenze e qualche salotto di Venezia, Verona,

Bologna, più accademie di dotti, però, che luoghi di conversazione. Nella loro ottica il

punto di svolta, la rinascita sarebbero avvenuti solo con 1'affermarsi del salotto politi–

co-letterario risorgimentale, dal momento che prevaleva in loro un interesse tutto

ideologico, per i contenuti e le opposizioni culturali e politiche, rispetto al salotto in

quanto forma aggregativa. L'ideologia patriottica era condita di preoccupazioni mora–

listiche, di trasfigurazioni letterarie, di intenti agiografici: ecco così il milanese salotto

Maffei di Raffaello Barbiera, quello bolognese di Teresa Malvezzi narrato da Gandolfi,

quello fiorentino dei Peruzzi cantato da Edmondo De Amicis, ecco il modello inter–

pretativo vigorosamente ribadito da Ferdinando Martini in una famosa conferenza fio–

rentina del 1896

11

Lo sguardo sui salotti torinesi non fu dissimile, anzi fu ancor più distorto dalla

volontà dei protagonisti risorgimentali di enfatizzare un «prima» oscuro e retrivo (i

regni di Vittorio Emanuele I e di Carlo Felice) e un «dopo», i regni di Carlo Alberto e

di Vittorio Emanuele II, in cui tutto diveniva funzionale alla liberazione dallo straniero

e all'unificazione dell'Italia sotto la guida dei Savoia. Seguiamo la descrizione di un

salotto torinese di antica nobiltà nel 1820, tratteggiata dalla penna straordinaria di uno

dei protagonisti di quella politica - e pure dei salotti -, Massimo d'Azeglio, quando,

sul finire della vita scriveva i suoi ricordi, per educare ai valori patriottici gli «italianini

in erba», come diceva lui.

L'impostazione è dichiarata, «dare un'idea completa d'un tempo così fuori oramai

delle nostre idee», mettere in burla gli aristocratici torinesi negli anni successivi alla

Restaurazione, con il rispetto tuttavia per «i tipi, come il generale San Rouman, che

preferivano l'antico regime al nuovo, e si sono però fatti ammazzare per sostenere il

nuovo (come Passalacqua e altri alla battaglia di Novara) quando il sostenerlo era

diventato loro dovere»12.

Fin dall'ingresso il palazzo secentesco della vecchia marchesa Irene d'Crsentin è

modesto, dal momento che «l'avo o il bisavo aveva dovuto andar alla guerra, provve-

lO

C.

CALCATERRA,

Il nostro imminente Risorgimento

cit., pp. 90-92, 98; e soprattutto GIUSEPPE RICUPERATI,

Le

avventure di uno stato «ben amministrato». Rappresentazio–

ni e realtà nello spazio sabaudo tra Ancien Régime e Rivolu–

zione,

Torino, Tirrenia Stampatori, 1994, pp. 135-248.

11

RAFFAELLO BARBIERA,

Il salotto della contessa Ma!

fei e la società milanese,

Milano, Treves, 1895; GIySEPPINA

G ANDOLFI,

La contessa Teresa Malvezzi e

il

suo salotto

(1785-1859), Bologna, Zanichelli, 1900; EDMONDO DE

AMICIS,

Un salotto fiorentino del secolo scorso,

Firenze,

Barbera, 1902; FERDINANDO MARTlN I,

Donne, salotti e

104

costumi,

in

La

vita italiana durante la Rivoluzione francese

e l'Impero. Conferenze tenute a Firenze nel

1896, Milano,

Treves, 1915, in particolare le pp. 341 -343, 346-359, 362-

363. Per una messa a punto storiograficamente aggiornata

si rinvia a MARIA IOLANDA PALAZZOLO,

I salotti di cultura

nell'Italia dell'800. Scene e modelli,

Milano, Angeli, 1985,

pp. 7-65. Sulla presa di posizione di Ferdinando Martini

si veda SILVIO LANARO,

L'Italia nuova. Identità e sviluppo

1861-1988, Torino, Einaudi, 1988, pp. 29-33.

12

MASSIMO D'AZEGLIO,

I miei ricordi,

Firenze, Barbe–

ra, 1871 , voI. I, pp. 325, 345 -346.