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appena nata, la fisiologia vegetale è tuttora nell'infanzia, ma queste due scienze colti–

vate con ardore da tanti uomini eminenti sono destinate a prendere uno sviluppo rapi–

do, dal quale si ha tutto il diritto di promettersi numerose scoperte e nuove risorse»22.

Per via della censura il saggio cavouriano ebbe una circolazione limitata in Piemon–

te, tuttavia fu fatto arrivare nelle mani giuste. Sull'estratto mandatogli in omaggio il

conte Cesare Balbo annotava a proposito degli economisti italiani, troppo teorici: «ci

mancano quelli che appoggiano le applicazioni da proporsi agli sperimenti stranieri.

L'A. [Cavour], così dotto in questi, potrebbe esser nuovo,

sui generis

tra gli economisti

italiani»23 . In realtà, mentre il celebre storico e uomo politico piemontese leggeva l'ar–

ticolo di Cavour, il nostro «dotto» era impegnato in «sperimenti» per ora non

anco~~

legislativi ma puramente pratici. Tramite agenti genovesi fin dall'ottobre

1844

aveva

acquistato

lO

tonnellate di guano cileno, portate nell'aprile del

1845

a quasi trenta;

nell'estate dello stesso anno l'ordinativo passò a

300

tonnellate, che successivamente

furono in parte impiegate proficuamente nella tenuta di Leri e in parte - altrettanto

proficuamente - rivendute ad altri proprietari 24 .

TI successo ottenuto con l'impiego diretto e con il commercio del guano non poteva

accontentare il dinamismo imprenditoriale di Cavour che, allo scopo di produrre in

proprio «una specie di guano», nell'inverno del

1846

elaborò un progetto di fusione

fra due fabbriche torinesi di prodotti chimici, quella di Rossi (già menzionata poco

sopra) e quella di Domenico Schiapparelli. L'lI maggio

1847

veniva costituita la

società in accomandita Rossi Schiapparelli e

c.,

con capitali forniti per due terzi dai

titolari

(50.000

lire ciascuno) e per il restante da altri tre azionisti, fra cui Cavour (con

10.000

lire)25 . L'esito tecnico per quanto riguarda la produzione di un concime artifi–

ciale fu però del tutto insoddisfacente, il che non meraviglia, in quanto nella corri–

spondenza privata Cavour affermava che la società progettava di unire certi residui di

produzione a scarti animali, quali sangue e corna, con le acque di lavaggio del gas-luce

e «forse le materie fecali». Con il senno di poi la posizione del nostro imprenditore

chimico appare del tutto ingenua: «Noi abbiamo a nostra disposizione dei fosfati,

degli alcali e dei sali ammoniacali; ma non abbiamo ancora stabilito il modo di impie–

garli, o per meglio dire di combinarli insieme»26. La "formulazione" del concime era il

frutto delle letture chimico-agrarie del conte, ma era anche troppo imprecisa e scola–

stica per poter sortire qualche effetto pratico. Alla Esposizione industriale del

1850

la

Rossi e Schiapparelli ebbe una medaglia d'oro per la produzione di fosforo, candele e

saponi, ma per quanto riguarda il "concime Schiapparelli" Angelo Abbene, il commis–

sario per il settore chimico, si limitò a esprimere l'augurio «che l'esperienza possa con–

fermare il giudizio e le speranze degli inventori». I tentativi di Cavour di produrre un

concime artificiale decente andarono oltre la liquidazione della società, avvenuta nel

febbraio

1855,

ma per arricchire il quadro della cultura chimica torinese alla vigilia del

'48

dobbiamo ritornare proprio all' anno iniziale dell'impresa chimico'-industriale

cavounana.

Mentre Cavour approcciava il difficile mestiere di chimico agrario, esistevano in

Torino, oltre ai laboratori dell'Università e delle Scuole tecniche, almeno altri due luo–

ghi dove si praticava una chimica molto interessante: la bottega di Enrico Federico

J

est e di suo figlio Carlo, e l'Arsenale militare. I due

J

est erano i principali esponenti di

una dinastia di meccanici, ossia di costruttori di strumenti scientifici, operante nella

Torino dell'Ottocento, sia con incarichi ufficiali nelle diverse istituzioni cittadine, sia

in proprio con una produzione strumentale ricca di riconoscimenti da parte di molti

22

Citazione da

ICi LIO

GUARESCHI ,

Vincenzo Fino,

Torino, Bona, 1915, p. 15.

23

R.

ROMEO,

Cavour e il suo tempo

cit., p. 214.

24

Ibid. ,

pp. 128- 129.

2~

Ibid.,

pp. 143-144. Non erano cifre irrisorie, visto

che

il

valore dell'intera produzione chimica piemontese

242

per

il

1844 era stata valutata da Giulio in 300.000 lire; si

veda

Giudizio della Regia Camera di Agricoltura e di Com–

mercio di Torino

cit., p. 119.

26

Questa lettera è datata 7 maggio 1847, quattro gior–

ni prima della costituzione della società;

R.

ROMEO,

Cavour e il suo tempo

cit.,

p.

145.