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La

cultura scientifica:

zoologia ed evoluzionismo

di Pietro Passerin d'Entrèves

Gli entusiasmi per l'ormai imminentissima promulgazione dello Statuto avevano

raggiunto il massimo livello in tutto il Regno sardo, quando un altro avvenimento, di

per sé assolutamente naturale, venne a costituire la base per

il

futuro risveglio del

tranquillo ambiente degli studi zoologici piemontesi.

Il 3 marzo 1848, infatti, il milanese Filippo De Filippi

l ,

chiamato dal re Carlo

Alberto a ricoprire la cattedra di Zoologia, resasi vacante per l'improvvisa e immatura

morte di Giuseppe Gene, iniziava il suo insegnamento presso l'Ateneo torinese.

Nello stesso anno - dopo che i gesuiti, che a lungo avevano influenzato, dal punto

di vista politico-culturale, le attività universitarie, erano stati cacciati prima da Torino

e poi dal Regno - altre novità importanti vennero a scuotere decisamente l'intero

ambiente accademico. TI 4 ottobre la legge Bon Compagni divise l'Istruzione pubblica

in primaria, secondaria e universitaria, istituendo, tra 1'altro, i Consigli di facoltà e pre–

vedendo che il reclutamento dei nuovi docenti dovesse avvenire tramite un concorso

pubblico e, solo eccezionalmente, per chiara fama.

TI 9 ottobre 1848, infine, l'antica facoltà di Scienze e Lettere venne scissa nelle due

nuove facoltà di Scienze Matematiche e Fisiche e di Belle Lettere e Filosofia, che

acquistavano in questo modo una dignità propria e una possibilità di sviluppo conso–

na alle nuove scoperte dell'epoca. Ciò valeva in particolare per la facoltà di Scienze, di

cui faceva parte la cattedra di Zoologia.

TI 1848 segnò dunque, anche per la scuola zoologica piemontese, l'inizio di una

sorta di Risorgimento che la vedrà nuovamente primeggiare in Italia, fino alla prima

guerra mondiale, soprattutto per la sorprendente modernità delle idee riguardo all'o–

rigine dei viventi.

La tradizione subalpina nel campo della biologia animale, tuttavia, non affondava

le proprie radici in tempi lontani e non era paragonabile, come sviluppo e importanza,

a quella di altri stati italiani ed europei, nonostante che i duchi e i re di casa Savoia

avessero riservato da sempre una grande attenzione al mondo animale. In particolare,

poi, l'insegnamento della Zoologia e le relative ricerche, in mancanza di una cattedra

universitaria specifica, risultavano affidati a botanici o a medici

3

.

l

Filippo De Filippi nacque a Milano il 20 aprile

1814. Si laureò in medicina all'Università di Pavia. Ritor–

nato a Milano e abbandonata la medicina, si dedicò alle

scienze naturali. Dopo una breve permanenza presso il

museo di Storia naturale, ritornò a Pavia, nel 1842, come

assistente alla cattedra di scienze naturali per rientrare

infine al Museo di Milano. Nel 1847

fu

chiamato a Torino

sulla cattedra di zoologia dell'Università. Membro del

Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, si prodigò

per l'introduzione dell'insegnamento della storia naturale

nelle scuole secondarie del Regno sardo e poi in quello

d'Italia. Per la sua chiara fama venne nominato senatore

del Regno sardo. Morì ad Hong Kong, durante

il

viaggio

della

Magenta,

il

9 febbraio 1867.

2

Giuseppe Gené nacque a Turbigo il 9 dicembre

1800. Laureatosi a Pavia, entrò nel 1827 nel locale museo

di Storia naturale come aiuto naturalista, per passare, nel

183 1, sulla cattedra di Zoologia dell'Università di Torino.

Fu entomologo, ornitologo ed erpetologo di fama.

A

lui si

deve la prima descrizione scientifica del falco della

Regina

e del

Papi/io hospiton,

lepidottero endemico della Sarde–

gna. Morì a Torino

il

14 luglio 1847.

.

3

Si tratta, in successione cronologica, di Vitaliano

Donati (1717-1762), di Carlo Allioni (1728-1804), di Gio–

vanni Pietro Dana (1736-1801), di Michele Spirito Giorna

(1741·1809). Si vedano MICHELE LESSONA,

Degli studi

zoologici in Piemonte,

in "Annuario

R.

Università degli

Studi di Torino» , 1877, 55 pp.; TIRSI MAIUO CAFFARATTO,

Medici botanici dell'Università di Torino,

in "Studi Pie–

montesi», marzo 1974, voI. III, fase. l , pp. 110-120.

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