

riforma totale del pavimento di Torino, per cui già si sono preparati dei materiali e che in pochi
anni dovrà essere terminato. Al disagevole ciottolato che storpiava crudelmente i piedi, massime di
chi non v'era awezzo, si sostituirà un bel lastricato analogo al bellissimo della vostra Milano, e così
cesseranno le giuste censure dei forestieri che mentre ammiravano la magnificenza delle nostre piaz–
ze e delle nostre vie, trovavano poi un selciato degno non della capitale ma d'uno dei più meschini
villaggi
lO.
Da paese ad autentica città, per un verso; da culla dell' antico regime culturale a
centro propulsivo della civiltà moderna, per l'altro: questa
è
la doppia parabola che le
cronache della «Rivista europea» descrivono man mano che ci si avvicina alla metà
degli anni quaranta, attraverso la penna di osservatori che registrano i nuovi usi,
la
nuova vita quotidiana, le nuove istituzioni di Torino. Passiamone in rassegna almeno
alcune.
Già nel
1842,
sul piano del costume si segnalava una variazione significativa e sin–
golare: la diffusione improvvisa dell' anglomania, nella città italiana più di ogni altra
impregnata di cultura francese:
Dieci anni sono, l'inglese era conosciuto qua un po' meno del turco [...] Ora invece abbiamo un'in–
vasione di anglomania: l'inglese è una lingua
fashionable,
i damerini furono annientati dai
dandies,
non si tengono più ragunate ma
clubs
[...]
e colui che awisasse di non mangiare all'inglese, si bec–
cherebbe niente meno che dell'ostrogoto
ll .
Ma il gusto per le cose d'Inghilterra non si esprimeva puramente alla stregua di una
moda da salotto. Esso comportava invece - lo si vedrà di
lì
a breve - un corposo
risvolto nei modi dell'organizzazione sociale e della vita culturale. Ne rappresentò un
esempio significativo la fondazione (sempre nel
1842)
di una Società degli amici delle
belle arti, prova del fatto che «si
è
veramente svegliato in Piemonte lo spirito d'asso–
ciazione»12e che insieme ad esso era sorto un moderno mercato per le arti in una città
i cui gruppi dirigenti erano sin
lì
avvezzi a ostentare il loro
status
secondo moduli più
tradizionali: «Così mentre s'incuorano con un'onesta ricompensa gli artefici, si sosti–
tuisce da alcuhi al lusso barbarico dei cavalli e dei cocchi quello delle arti assai più
consentaneo alle tendenze di un' età incivilita e progressiva»13 . Ciò cui ci si trovava
davanti era insomma la palpabile evoluzione della vecchia città-corte, pesantemente
irrigidita nel formalismo dei suoi riti esteriori, nella nuova città civile,
al
cui interno l'i–
niziativa dei privati s'affermava come nota dominante di un panorama intonato ad
aspettative di «progresso» e di «incivilimento».
Anche presso l'Accademia delle Scienze, a lungo istituzione per eccellenza regia, e
bastione di una cultura tutta teorica e distante dagli interessi vivi della società, si era
potuta di recente osservare un'iniziativa inedita, che ne testimoniava del rinnovamento
di prospettive:
Vi darò la nuova che il professar Baruffi, il quale quando trattasi di diffondere la scienza nel popolo
e l'amore delle utili istituzioni trova sempre novello vigore ed attività, cominciò le sue lezioni setti–
manali di fisica applicata all 'agricoltura, in una sala dell'Accademia delle Scienze
l4 .
Incontriamo in questa notazione, per la prima volta, quel tema dell'intreccio tra
scienza, società ed economia che
è
caratteristico di tutte le aree più avanzate dell 'Italia
degli anni quaranta - Milano, naturalmente,
in primis
-, ma che a Torino si verrà decli–
nando secondo uno schema del tutto particolare.
È
seguendo le tracce della fama cre–
scente dell'Associazione agraria subalpina - che di quell'intreccio fu l'istituzione più
caratteristica - che
è
dato di cogliere i modi peculiari del processo d'attrazione che
lO
RE, maggio 1843, p. 256.
Il
RE, II semestre 1842, Torino. Lettera seconda all'e–
stensore della "Rivista europea», p. 205 .
410
12
RE, gennaio 1843 , p. 149.
13
RE, maggio 1843 , p. 256.
14
Ibid ,
p.
255.