

Proprio per la sua ambivalenza, il laboratorio torinese assumeva, allora, il valore di
un modello di felice conciliazione tra il vecchio e un nuovo qui sufficientemente addo–
mesticato da non suscitare gli stessi turbamenti che provocava a Milano, la città della
borghesia emergente. Fu ben prima del '48, dunque, che - attraverso i percorsi che si
è cercato qui di illustrare - i moderati milanesi diventarono albertisti. Lo fecero rico–
noscendo nella capitale subalpina il luogo di un'alchimia che a Milano era irrealizzabi–
le. Videro in essa la capitale di un re che veniva abbandonando gli schemi assolutisti,
ma anche, al tempo stesso, di una società civile a guida agrario-aristocratica, quella
raccolta attorno all'Associazione agraria subalpina
19 ;
la città della noia, cui ancora
qualche anno prima i milanesi guardavano con irridente sufficienza, diventava cosÌ,
alla vigilia delle giornate del marzo'48, oggetto di un'invidia che gli avvenimenti della
primavera avrebbero contribuito a convertire in convinta e duratura adesione.
19
Spunti
in
tal senso
è
dato cogliere
in:
ARCHIVIO
PRI–
VATO DELLA FAMIGLIA PORRO, ROVELLO P ORRO (Como),
Fondo Alessandro Porro, fascicoli
Progetto per l'istituzio-
412
ne di una Società agrarùl in Lombardia
e
Illustrazione del
regolamento della Società agraria di Lombardia,
entrambi
del 1847.