

È
di grande interesse la relazione, il
16
maggio, di Angelo Bertolini, presidente
della Camera di Commercio, che chiarisce le ragioni del parere favorevole della cate–
goria alla fusione. Gli interessi economici più generali e più sicuri legano Parma al
Piemonte, e più a Genova, porto naturale del Ducato. L'economia del genovesato e
del Piemonte, ricchi per industrie, arti e commerci, si integra e completa con quella di
Parma e Piacenza, prevalentemente agricola; tra i due stati, malgrado ostacoli di doga–
na, ci sono sempre state «relazioni vivissime e proficue di commercio». Il clima
è
in
ogni caso di consenso alle ipotesi di «regno unito dell'Italia superiore». Appare anche
un cenno polemico nei riguardi di Mazzini, in cui si definisce la repubblica «istituzio–
ne lodevolissima, ma in un paese dove non ci sia stata l'Austria a rompere indegna–
mente i costumi»18.
Con grande solennità si proclama in Duomo il risultato delle votazioni per la fusio–
ne, elencando le autorità civili e religiose presenti, e si parla di «voto diretto e sincero»
che ha espresso la volontà del paese
19 .
Le consistenti offerte dei cittadini per la guerra, l'accorrere di volontari, i rapporti
degli inviati piemontesi Sappa e Colla che parlano di atmosfera «tranquillissima» sino
all'ultimo, anche quando la guerra volge al peggio, autorizzano a ritenere fondata l'o–
pinione che Parma, almeno in questa fase , abbia scarse nostalgie borboniche, e ritenga
la fusione la miglior soluzione possibile. Carlo Alberto significa riforme, Statuto, unio–
ne e soprattutto guerra all'Austria.
Ma se l'esperienza di Parma e Piacenza nel Regno sardo è breve e fallimentare ,
essa lascia una traccia indelebile e rappresenta un punto di partenza. Con il ritorno
dei Borboni, Carlo III - di cui oggi si
è
fatta una parziale riabilitazione - ha sicura–
mente consensi in un'
élite
legittimista; ma
è,
e rimane, principe assoluto legato all'Au–
stria della cui pesante presenza i parmensi sono insofferenti. Il Piemonte, che ha gra–
dito nel
'48
una fusione votata senza condizioni, considera Parma solo temporanea–
mente sottratta alla sua influenza: di diritto, per la loro scelta, se non di fatto, gli abi–
tanti del Ducato sono considerati come equiparati ai subalpini. Torino rimane, per l'o–
pinione liberale parmense, il punto di riferimento per la sua costituzione e per la sua
crescita economica, civile e politica.
Gli esuli parmigiani e piacentini in Piemonte - da Maestri a Gioia, da Cantelli a
Cocconi, che diverrà più tardi per qualche tempo presidente della Società dell'Emi–
grazione italiana a Torino -, sono tra i più attivi fautori del governo subalpino, e man–
tengono contatti personali con la loro terra d 'origine, contribuendo alla crescita di
quel clandestino «partito piemontese», di cui la polizia avverte la presenza, ma che
sfugge a ogni indagine concreta. Non è senza significato il fatto che dopo l'assassinio
di Carlo III, Cantelli, Cocconi e Gallenga tornino, sia pure fuggevolmente, a Parma,
dove hanno parenti e amici anche politici
20 .
Molti alludono a non identificati «signori di Parma» e sul loro presunto legame col
basso popolo protagonista di moti e omicidi: la vasta zona d'ombra, però, rimane. Tra
il '54 e il '56 elementi diversi, talora opposti, convergono: da un lato nuclei rivoluzio–
nari di matrice repubblicana, dall' altro una corrente filopiemontese alimentata dall' e–
sterno. Anche se con Luigia Maria gran parte dell' aristocrazia
è
ancora legata alla
dinastia, altri, da Linati a Sanvitale, da Castagnola a Dalla Rosa, sono all '«opposizio–
ne». Il Ducato, prese le distanze dalla Francia, e poi dall'Austria,
è
ormai su piano
diplomatico europeo merce di scambio. Esponenti democratici (Riva, Olivieri) e filo–
piemontesi agiscono parallelamente contro il sistema, come per una sorta di solida–
rietà nell'
élite
dirigente, sia pure da diverse angolazioni.
18
«La Gazzetta di Parma», 16 maggio 1848 e 22 mago
gio 1848.
È
pubblicata una lettera aperta di Marcello
Cerioli, da Cremona, a Mazzini.
19
Una curiosità
è
rappresentata dal fatto che nello
spoglio dei voti -
il
cui
risultato è ampiamente noto - si
registra anche una scheda in favore della repubblica.
20
il
governo di Luisa Maria, anche prima dell'allonta–
namento degli austriaci, consente l'ingresso nel Ducato di
parmensi trasferiti in Piemonte. Tra gli altri, Aldo Garo–
sci accenna ai rapporti di Cocconi con le società segrete:
op.
cit.,
voI. II, p. 424. Gallenga, che è parente del mini–
stro Lombardini, è a Parma nel 1855.
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