Table of Contents Table of Contents
Previous Page  461 / 556 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 461 / 556 Next Page
Page Background

Questa frattura tese a ricomporsi con l'avvio del "biennio riformatore" e con la

rapida celebrazione, in chiave nazionale, dello stesso Carlo Alberto. Allora, soprattut–

to per gli sforzi del già ricordato Giuseppe Montanelli, che aveva intensificato i propri

contatti piemontesi, di Leopoldo Galeotti, di Giovan Battista Giorgini, di Marco

Tabarrini e di Carlo Matteucci, primo nucleo di un "partito" filosabaudo nel Grandu–

cato, l'indicazione della dinastia dei Savoia come la sola in grado di guidare gli altri

principi italiani si concretizzò in maniera decisa. Tra il

1846

e il

1847 ,

si diffuse la cir–

colazione clandestina dei cosiddetti «bulletini», di foglietti volanti, stampati "alla mac–

chia" a Pisa e a Lucca, in cui si esortava la formazione di un 'opinione pubblica favore–

vole alla confederazione fra i sovrani dei tre Stati più evoluti della penisola, Piemonte,

Toscana e Stato pontificio, in funzione antiaustrica 15. L'ipotesi che la Lega doganale, di

cui fervevano le trattative, si trasformasse in accordo politico e militare tra monarchie

costituzionali veniva sempre meno timidamente sostenuta persino nelle aule universi–

tarie, durante le lezioni di Montanelli e del neoguelfo convinto Silvestro Centofanti.

Tornava, in tale clima, l'idea tradizionale dello Stato sabaudo nel ruolo di ordinato ed

efficace strumento militare, questa volta al servizio di una causa comune al popolo ita–

liano. La presenza in Toscana, durante quei mesi cruciali, di d'Azeglio, «per comple–

tarvi, presso i migliori intelletti, la difficile opera di propaganda nazionale orientata

verso casa Savoia»16, non faceva che scaldare ulteriormente gli animi.

Ma fu soprattutto dopo l'approvazione della legge sulla stampa, nel maggio

1847,

quando si aprirono i primi giornali politici anche in Toscana che il nesso stretto fra

filosabaudismo e liberalismo si saldò nella regione

17 •

Sia pur con sfumature e accenti

ben distinguibili, le quattro testate principali, «L'Italia», diretta a Pisa da Giuseppe

Montanelli e Adriano Biscardi, «La Patria» del gruppo ricasoliano, «Il Corriere Livor–

nese» di Francesco Domenico Guerrazzi e

il

giornale più democratico, «L'Alba», esal–

tavano il ruolo delle tre «capitali italiane», Roma, Firenze e Torino come sedi di un' o–

pinione nazionale in grado di promuovere la stagione riformatrice 18. Significativamen–

te in questa fase non era avvertita ancora una reale differenziazione, negli ambienti

toscani, fra neoguelfismo, atteggiamento di fiducia nei confronti di Leopoldo II e spe–

ranze riposte in Carlo Alberto: trionfava la prospettiva della «guerra federata», che se

si sarebbe rivelata effimera nei fatti ebbe invece una lunga gestazione ideale. Erano

chiaramente sottovalutate anche le distinzioni interne allo stesso schieramento mode–

rato, destinate poi a esplodere, e nella corrispondenza di molti toscani con gli amici

torinesi

il

tratto più evidente risultava l'illimitata fiducia di mobilitare un sentimento

di partecipazione «popolare» che facesse delle città dei veri e propri scenari

ipso facto

politici, secondo il concetto delle «feste federative», tanto ribadito nella stampa perio–

dica del momento. La festa urbana, in nome delle riforme di volta in volta concesse,

avrebbe riunito gli strati cittadini in un

unicum

quasi organico, che a Torino sarebbe

stato facilitato, notava «L'Italia», dalla stessa struttura urbana. Ormai le resistenze di

Carlo Alberto, il cui iniziale rifiuto di ammettere la testate toscane in Piemonte aveva

destato non poca sorpresa 19, erano valutate soltanto come scelte strategiche in attesa

del passo definitivo. Francesco Domenico Guerrazzi, altro grande convertito al filosa–

baudismo, individuava nei Savoia

il

compimento della sua ipotesi di una monarchia

che si accordasse con l'elemento democratico, in un processo di duplice legittimazione

che ancora mancava nel Granducat0

2o •

15

G IOVANNI LUSERONI,

Giuseppe Montanelli e

il

Risorgimento. La f ormazione e l'impegno civile e politico

prima del

'48, Milano, Franco Angeli, 1996.

16

MARCUS DERUBRIS (pseudonimo di MARCO ROSSI),

Carteggio politico f ra Massimo d'A zeglio e L eopoldo

Galeotti,

Torino, STEN, 1928, pp. XII-XIV.

17

CLEMENTINA ROTONDI,

Giuseppe Montanelli e «L'I–

talia»

(1847-48), in

Giuseppe Montanelli. Unità e democra–

zia nel Risorgimento,

Firenze, Olschki, 1990, pp. 195-227.

18

ROMANO PAOLO COPPINI,

Il Granducato di Tosca–

na. Dagli "anni f rancesi" all'Unità,

Torino, UTET, 1991,

pp. 347-395.

19

G IUSEPPE MONTANELLI,

Memorie sull'Italia e spe–

cialmente sulla Toscana dal

1814

al 1850,

Torino, Società

Editrice Italiana, 1853 , I, p. 223.

20

NICOLA BADALONI,

Il pensiero politico di Francesco

Domenico Guerrazzi,

Livorno, «Quaderni della Labroni –

ca», 1974, pp. 13 -15.

429