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paiono più membri delle famiglie Zucca e Sili, mentre troviamo dei Ro-

vere, Borgesi, Beccuti, Gorzano

61

, cioè componenti della stessa area del-

le grandi stirpi cittadine la cui posizione politica e sociale in Torino era

fortemente contrastata dalle forze «popolari»

62

. Siffatte considerazioni

suggeriscono che il capitolo cattedrale rimanga l’istituzione ecclesiasti-

ca a più elevata fisionomia aristocratica di carattere locale, anche se, col

progressivo imporsi della superiorità politica sabauda in essa entreran-

no pure membri di famiglie della nobiltà non cittadina legate agli Acaia

e ai Savoia.

Le passate esperienze che avevano visto i canonici del capitolo pro-

tagonisti di situazioni di turbamento cittadino unite al fatto dell’origi-

ne aristocratica dei titolari di prebende e dignità, potrebbero essere al-

l’origine dei provvedimenti repressivi previsti dagli statuti della Società

di San Giovanni

63

in particolare «pro refrenanda clericorum malitia et

culpa»: il ricordo dei «multa mala» successi «in civitate Taurini» di cui

era responsabile il clero suggeriva di colpire il chierico – perciò sottrat-

to al foro ecclesiastico – colpevole di reati d’onore o di sangue non di-

versamente da qualsiasi altro laico non appartenente alla società. Il prin-

cipe avrebbe dovuto intervenire presso il vescovo torinese affinché des-

se la propria approvazione a tale norma con relativa prassi. Ma è stato

osservato giustamente che «lo scrupolo legalitario fosse puramente for-

male, e che non si sarebbe certo atteso il consenso del vescovo per met-

tere in vigore, in caso di necessità, le misure previste», tra cui la rac-

colta armata dei membri della società sotto la casa del chierico «colpe-

vole» ed eventuale abbattimento della stessa

64

.

In verità, al di là dei possibili nessi con gli avvenimenti del 1334 e

con gli orientamenti antinobiliari della Società di San Giovanni, la nor-

ma statutaria del 1389 sin qui illustrata sembra lasciare intravedere, ol-

tre che un costume ecclesiastico non alieno alla partecipazione a liti e

risse più o meno violente

65

, l’ambiguità della distinzione – voluta, ma

non sempre realizzata – tra società civile e corpo ecclesiastico con le ov-

vie conseguenze che poteva generare. Invero, superata la metà del Tre-

Vita religiosa e uomini di Chiesa in un’età di transizione

311

61

BSSS, 106

, p. 235, doc. 105.

62

Cfr.

g. sergi

,

Interazioni politiche verso un equilibrio istituzionale. Torino nel Trecento

, in

To-

rino e i suoi Statuti nella seconda metà del Trecento

, Torino 1981, pp. 13-22;

a. barbero

,

La violen-

za organizzata. L’Abbazia degli stolti a Torino fra Quattro e Cinquecento

, in «BSBS»,

lxxxviii

(1990),

pp. 400-5.

63

m. chiaudano

,

Gli statuti della Società di San Giovanni Battista del 1389

, Torino 1933 (BS-

SS, 138/2), p. 40.

64

barbero

,

La violenza organizzata

cit., p. 404.

65

Cfr.

g. g. merlo

,

Vita di chierici nel Trecento. Inchieste nella diocesi di Torino

, in «BSBS»,

lxxiii

(1975), pp. 185-93.