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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

quanto discontinui e privi di coordinamento fino all’istituzione dell’uf-

ficio di sanità permanente, a carattere centralizzato: l’attività di questi

magistrati, di nomina diretta del duca, è attestata ufficialmente solo

dall’ultimo Cinquecento

100

.

L’esame degli

Ordinati

torinesi tra Quattro e Cinquecento mostra

come una tra le prime misure di controllo per circoscrivere il contagio

consistesse nel creare una specie di cordone sanitario per bloccare il mo-

vimento delle persone da e verso i luoghi infetti o sospetti: al fine di

controllare i movimenti in entrata e in uscita dalla città veniva istituito

un sistema di vigilanza straordinaria alle quattro porte urbane, da par-

te di guardie armate che avrebbero dovuto accertare la zona di prove-

nienza dei viaggiatori, respingendo i soggetti pericolosi. Se per alcuni

centri del Piemonte è attestata almeno dal primo Quattrocento l’istitu-

zione di speciali attestati di sanità, rilasciati dai funzionari addetti sul-

la base di una dichiarazione giurata degli interessati, per quanto riguar-

da Torino l’introduzione del presidio sanitario della «bolletta» sembra

risalire solo all’inizio del Cinquecento, quando gli incaricati di sotto-

scrivere i bollettini sanitari erano i custodi delle porte

101

.

Le strategie di difesa pubblica contro le epidemie si scontravano ine-

vitabilmente con il normale svolgimento delle attività economiche, tan-

to che le autorità – comprensibilmente preoccupate di una drastica ri-

duzione delle transazioni commerciali – non esitavano a prevedere ec-

cezioni per gli uomini d’affari. Talora, mentre si deliberava la

sospensione delle comunicazioni vietando ad osti e tavernieri di conce-

dere ospitalità a chi provenisse da zone a rischio, si consentiva espres-

samente il libero accesso in città a mercanti e mulattieri, aprendo quin-

di le porte anche a prodotti come tessuti, granaglie o altre derrate che

potevano celare ratti e pulci, i principali vettori dell’infezione; ulterio-

ri deroghe e favoritismi in caso di quarantena si facevano spesso anche

per gli abitanti di qualche località, oltre che per particolari categorie di

persone o per singoli individui

102

. Secondo le moderne conoscenze

100

a. caffaratto

,

Storia della legislazione sanitaria ed igienica in Piemonte da Amedeo VIII

all’unità d’Italia

, in «Minerva medica»,

lxviii

(1977), pp. 8-42; cfr.

nada patrone

,

Un problema

aperto

cit., pp. 58-59.

101

ASCT,

Ordinati

, 87, f. 38

r

(verbale dell’11 settembre 1506). Per le prime attestazioni di

bollettini sanitari in area piemontese, e per i funzionari incaricati del loro rilascio, cfr.

naso

,

L’as-

sistenza sanitaria nei comuni pedemontani

cit., p. 101, nota 68.

102

Alcuni esempi: ASCT,

Ordinati

, 65, f. 75

r

-

v

(verbale del 20 aprile 1430) (si concede il li-

bero accesso in città a mercanti e mulattieri, anche se provenienti da località infette o sospette);

87, ff. 37

v

-38

r

(verbale dell’11 settembre 1506) (proibizione ai titolari di strutture «alberghiere»

di concedere ospitalità ai viaggiatori sospetti), f. 49

r

(verbale del 20 ottobre 1506) (si permette

l’entrata in città agli abitanti di Vercelli, località colpita dall’epidemia); 89, f. 69 bis

r

(verbale del