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dai centri demici a più intensa concentrazione umana, anche senza una

destinazione precisa

110

. Era regola generale che si allontanassero anche

medici e chirurghi, notai e maestri di scuola; durante la peste del 1484

la stessa sede universitaria torinese si trasferì prima a Moncalieri, poi

ad Aosta, per ritornare in città a pericolo cessato. E poteva accadere che

abbandonassero la città persino le autorità civili ed ecclesiastiche, in-

terrompendo così il normale ritmo della vita urbana, già sufficientemente

sconvolta dalla crisi: così, durante la grave epidemia del 1451 andarono

quasi deserte molte sedute consiliari e nel 1522 fu in pratica paralizza-

ta l’intera attività politica, con la sospensione per circa tre mesi delle

convocazioni della credenza

111

.

Alle comprensibili reazioni di panico si affiancavano pratiche reli-

giose per invocare il perdono e la protezione divina, al fine di allonta-

nare il flagello epidemico: la più spettacolare tra le manifestazioni sacre

promosse dal potere pubblico consisteva certamente nelle processioni

solenni, come quella disposta dalle autorità torinesi il 25 agosto 1421,

nella fase più acuta della pestilenza. La risposta spirituale si concretiz-

zava anche attraverso il culto dei santi protettori della peste, in parti-

colare san Sebastiano e san Rocco: non a caso, al culmine dell’epidemia

del 1451, l’amministrazione torinese si preoccupò di trovare i finanzia-

menti per erigere una cappella dedicata a san Sebastiano

112

.

Il ceto dirigente torinese che, quando infuriava il contagio si affret-

tava ad affiancare ai provvedimenti di natura sanitaria anche disposi-

zioni per un più severo controllo dei costumi

113

, non sembra al contra-

rio preoccuparsi eccessivamente di predisporre misure di ordine pub-

blico per ridurre il timor panico. La documentazione esaminata rivela

infatti come non fosse considerato centrale il problema di emanare or-

dinanze che regolamentassero le manifestazioni del lutto o proibissero

il lugubre rintocco delle campane e i lamenti funebri, con lo scopo di ce-

lare o quantomeno minimizzare lo spettacolo ricorrente della morte at-

traverso l’occultamento delle sue espressioni esteriori più terrificanti

114

.

Del resto norme relative alle esequie erano contenute già negli statuti

La classe dirigente e i problemi di una città in crescita

763

110

Sui sistemi privati di difesa durante le epidemie del tardo medioevo cfr.

i. naso

,

Atteggia-

menti mentali, reazioni emotive e modelli di comportamento durante le pestilenze dell’ultimo medioe-

vo

, in «Sanità, scienza e storia»,

ii

(1987) [ma 1988], in particolare pp. 73-85.

111

ASCT,

Ordinati

, 72, f. 155

r

(27 luglio 1451); cfr.

r. comba

,

La popolazione in Piemonte sul

finire del medioevo. Ricerche di demografia storica

, Torino 1977 (BSS, 199), tav.

xiv

, nota 148;

100/1, f. 20

v

(la registrazione dei verbali si interrompe dal 30 luglio al 27 ottobre 1522).

112

ASCT,

Ordinati

, 72, f. 153

r

(verbale del 29 luglio 1451).

113

Le misure antiepidemiche predisposte nel 1507 includevano anche disposizioni per un più

severo controllo delle meretrici (ASCT,

Ordinati

., 88, f. 7

r

, 28 gennaio 1507).

114

Per questo problema si rinvia a

naso

,

Atteggiamenti mentali

cit., pp. 89 sgg.