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ai ceti più modesti

83

. Del resto nell’ultimo medioevo il preciso interven-

to delle amministrazioni pubbliche anche nei confronti degli strati più

umili della società, con una estensione dell’assistenza medica, appare ge-

neralizzato e può essere interpretato più come forma di repressione e

controllo di tipo poliziesco, che non come atto di pietà o strumento di

aggregazione del consenso in strati sempre più ampi di popolazione

84

.

Torino, più di altre località subalpine, doveva rappresentare per il

corpo sanitario una sede di lavoro interessante, ma le testimonianze do-

cumentarie confermano comunque una certa instabilità del servizio me-

dico, anche se dalla metà del Quattrocento la durata delle ferme tende

ad aumentare, rappresentando – almeno sulla carta – una certa garanzia

di continuità. Le difficoltà principali erano, come sempre, di ordine fi-

nanziario, legate alla cronica crisi del bilancio comunale e alla perenne

ricerca di numerario per finanziare le guerre: le arbitrarie decurtazioni

salariali al personale convenzionato e la consueta scarsa tempestività nel

pagamento dei compensi non solo influivano negativamente sulla qua-

lità del servizio, ma erano senza dubbio una tra le cause principali del-

la estrema mobilità della categoria

85

. Il pagamento dello stipendio, che

di norma doveva essere effettuato in tre soluzioni entro l’anno di servi-

zio, talora veniva dilazionato per lunghi periodi nonostante l’imposi-

zione di nuovi tributi o l’inasprimento di quelli preesistenti

86

: stando ai

frequenti solleciti da parte dei medici, si deve dunque ritenere che la re-

tribuzione a carico dell’erario comunale si configurasse come una base

finanziaria alquanto incerta. Senza contare che non mancano casi di li-

cenziamento in tronco «actenta inopia comunitatis», come accadde nel

1469 al medico-chirurgo Antonino da Firenze, dopo una lunga carriera

torinese ben documentata dal 1453: eppure si trattava di un professio-

La classe dirigente e i problemi di una città in crescita

755

83

Al medico Pantaleone da Confienza nel 1452 fu richiesto di visitare «quoscumque infirmos

cives», mentre ad Antonino da Firenze, dieci anni più tardi, fu imposto di prestare le sue cure ai

poveri e ai miserabili «gratis, amore Dei et intuitu pietatis» (cfr.

naso

,

La pubblica assistenza me-

dica

cit., p. 1153).

84

Sulla presenza dei poveri all’interno delle città, tra medioevo ed età moderna, e sulle misu-

re coercitive nei loro confronti, elaborate dalle autorità civili, si veda

m. mollat

,

I poveri nel me-

dioevo

, Roma-Bari 1993

3

, pp. 284 sgg.

85

Per la mobilità dei medici e per la provenienza geografica di quelli operanti nel Piemonte

tardomedievale si rinvia a

i. naso

,

Medici e strutture sanitarie nella società tardo-medievale. Il Pie-

monte dei secoli

xiv

e

xv

, Milano 1982, pp. 180-81.

86

Ad esempio il medico Bertramino de Embenis (o Humbenis) di Milano, dopo aver richiesto

nel 1426, nel 1427 e nel 1428 il salario per il servizio precedentemente prestato, non aveva anco-

ra ottenuto il pagamento nel 1430, nonostante due anni prima avesse addirittura citato le autorità

torinesi di fronte al consiglio ducale (cfr.

ibid

., pp. 51-52). Nel 1432, per pagare il medico Gio-

vanni Martino e altri funzionari comunali, l’imposta catastale fu triplicata, essendo stata portata

da 3 a 9 grossi per lira (

ibid.

, p. 52, nota 94; si veda anche

ead

.,

La pubblica assistenza medica

cit.,

pp. 1163, [nota 89], 1164).