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dire come , durante la sua permanenza al min istero, egli spin–

gesse con alacrità i lavori di costruzione dei forti d'Exilles e di

Lesseillon , già iniziati sotto il min istero del San Marzano, e

facesse armare alla leggera

il

r eggimento Savoia cavalleria ,

diventato così dei cavalleggeri di Savoia (1). «Mori buon catto–

lico, nel pieno suo senso, impe rturbabile dell'animo, compianto

dall'amorosa famiglia e da tutti che lo conoscevano e singolar–

mente dai superìorì e dagli allievi della R. Accademia militare,

che quell' affetto e reverenza gli portavano che a padre

»

(2).

Era cavaliere dell'Ordine di Savoia, Gra n Croce dei SS. Maurizio

e Lazzaro, cavaliere di San Luigi di Francia, commendatore di

S. Leopoldo d'Austria.

L'opera del generale Robilant nel comando dell'Accademia,

come r isulta dai particolari che abbiamo raccolti e com' è attestato

da quanti scrissero di lui , fu essenzialmente ispirata ai senti–

menti di profonda religioslt à, di illimitata devozione alla Dinastia

e di inalterabile mode razione. che costitu ivano

il

suo ca rattere.

Lungi dal fare a lui l' appunto di aver iniziato un indiri zzo di

«

aristocratica intolleranza e petulanza

»,

gli si deve riconoscere

un'azione continua di moderazione, che potrebbe appuntarsi forse

di eccessiva, se non fosse stata necessaria per correggere e per

modificare una tendenza importata in Accademia dagli alli evi.

Il professore Giuseppe Anselml , che nei solenni funerali celebrati

nell'oratorio dell'Accademia il 14 marzo 1821 tessè l'elogio del

generale Robilant, se non tralasciò di ricordare l'amore di lui

per lo studio (3), i suoi meriti militari, la sua tenerezza pei

figli , sopr a tutte lodò in lui questa qualità della moderazione:

«

l'uomo ci fu speglio di quella moderazione che è figlia di

PI'O–

fonda e religiosa sapienza »;

«

la forza nella temperanza fu tutta

propria del personaggio, nulla del caso o della fortuna » e con–

cluse coll' ecc itare gli allievi a modellarsi su quello

«

specchio

(1)

PISELLI,

Storia mito det Piemonte,

II, IV .

(2) Gazzetta Piemontese

del 17 febbraio 1821, num . 19.

(3) Nella sua giovinezza il R obilant "vegliava e imp allidiva sui libri e pasceva si

del puro succo e saper di dollrina. Ii bel parlare di Tullio non meno che qu ello di

FIacco e di :Marone eragli fallo delizia; nè punto delibonne egli a tlor di labbro le

poch e still e, ma la copia e la grazia ei ne bevve, a tale di poterne cr eare i bei sonanti

concetti e a vervi come la chiave di altre lingue e varie, nelle quali ei fu versato, del–

l'anglica, della teutonìca, oltre le due assai famigliari, l'itala e la francese

n'

G.

AN-

BELlI l .

Elogio funebre.

.