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fruttato gli avessero i suoi poderi, insieme coll'annuo
reddito di dieci bisanti saraceni, da prender i sopra
il
da–
zio che si esigeva alla porta di quella
città.
Maria, signora altresì di Barulli , emulando la pietà di
Ugone e di Brisabarra, assegnava all'ordine di S. Lazzaro,
. ' presente
il
vescovo Mainardo , dieci bisanti di moneta l'e·
gia sopra i redditi ad ssa provenienti dal casale detto vol·
.garmcnte
Alureraqui.
Ma fu più notabile ciò che fece in favore di que t'or–
dine Amalrico, conte d'Ascalona,
«
il quale, dice Gioff redo
(13i),
_ desiderando con auspicii della pietà di un prin cipe cristiano
prend ere
il
governo del: regno a cui per la morte di Bal–
dovino, suo fratello, poco avanti era succeduto, procurò di
rendersi propitio il cielo con fare alla chiesa di S. Lazzaro
perpetua cessione della decima di que' schiavi che gli fo–
sero nelle militari fazioni toccati in sor te. » Ciò contiene la
carta fatta con l'assistenza di Radolfo, vescovo 'di Bettelemme,
cancelliere .del regno? e di Federico, arcivescovo di Tiro, qual
dice così:
«
lo Amalrico, per la grazia di Dio, V re de' Latini nella
santa
città
di Gerusalemme, pelo la salvezza del mio si–
gnore . e fratello l'in clito re di Geru alernrne Baldovino, e
mia e di tutti
i
miei così vivi come defunti, alla chic a
di San Lazzaro dei lebbro i
J
la quale alla chiu ura della
città di Gerusalemme è contigua, d'ora in poi e fin o in
sempiterno dono e concedo del fruUo di ogni pedizione
ossia cavalcata , nella qual e io stesso andrò, oppure il mio
stendardo senza di me, dalla quale dieci schiavi o più
per la mia porzione mi tocchino , uno schiavo qual io
vorrò, purchè non sia cavaliere, ecc. - Di que to privilegio
sono testimoni Radolfo, nostro cancelliere e ve covo di Be–
tlemme, Federigo, arcivescovo di Tiro, ecc,