

De
Costro: per
'o 'oeoltà
di
Eeononaio
e Conanaereio urge un nuovo edifieio
Dello stesso avviso, sia pure per motivi diversi,
è
il
pro/. Diego De Castro, docente di statistica alla Fa–
coltà di Economia e Commercio, che maggiormente
soffre dell'insufficienza edilizia universitaria. Anche
per il prof. De Castro esiste la distinzione tra tempi
brevi e tempi lunghi, nella ricerca di una qualche
soluzione immediata pur nel quadro dello scopo finale
che
è
la costruzione di una «città universitaria
».
Non inganni tuttavia se il suo intervento ha come
punto di riferimento una facoltà come quella di Eco–
nomia e Commercio:
è
il caso limite dell'Università
torinese, l'esempio più appariscente al quale, con mag–
giore
o
minore intensità, dobbiamo rapportare la
situazione delle altre facoltà.
Il problema dell'edilizia universitaria si pone in due
precisi termini. Vi è la ricerca della soluzione de–
finitiva: la « città universitaria» collettiva, soluzione
favorita dal maturarsi in Italia del diritto allo studio
in termini globali; «città universitaria» dove do–
vranno convivere, come avviene all'estero, gli stu–
denti e tutto il corpo insegnante, per il quale si porrà
il problema del full-time, mentre cesserà quello dei
lavoratori studenti. Ma esiste anche quella di una
soluzione provvisoria che interessa in modo partico–
lare la facoltà di economia e commercio sulla quale
pesa il fatto di avere oltre i tre quarti degli studenti
che lavorano.
È
quest'ultimo aspetto che impone oggi
di risolvere il problema in due tempi. Il primo do–
vrebbe consistere nella rapidissima costruzione di un
edificio centrale che permetta agli studenti lavoratori
di poter usufruire delle ore libere ottenute dagli
uffici o dalle fabbriche per frequentare lezioni che
loro interessino: fÌnchè la gran massa degli studenti
di economia e commercio è costituita da lavoratori
non è possibile che questi
si
rechino in una sede
periferia, dove sorgerebbe la «città universitaria ».
Il secondo è quello dell'interdipendenza della Facoltà
di Economia e Commercio con altre facoltà. Pur
avendo un certo aspetto tecnico, essa è struttural–
mente connessa alle facoltà umanistiche, non solo per
le materie che si insegnano ma anche per
il
fatto
che dovrebbero essere costituiti i «dipartimenti »,
organi di studio nei quali verranno interconnesse varie
facoltà . Finchè le facoltà umanistiche rimangono nel
centro storico è improponibile che la Facoltà di Eco–
nomia e Commercio venga decentrata in periferia.
Per questi due motivi, dovendo la Facoltà rimanere
per un imprecisato numero di anni nel centro citta–
dino, la soluzione proposta è quella di costruire un
edificio centrale, trasformabile in scuola secondaria
o primaria quando giungerà il momento del trasferi–
mento totale delle facoltà umanistiche nella nuova
e indispensabile «città universitaria ». Per Economia
e Commercio la costruzione di un nuovo edificio è di
estrema urgenza. Vi sono oggi quasi quattromila stu–
denti, non aumentati negli ultimi due anni, i quali
però nelle aule e negli istituti di cui dispongono
non trovano modo per essere contenuti.
Diego De Castro
Il Cortile d'onore del nuovo Politecnico sul quale si affacciano i due padiglioni dedicati alla Provincia e alla Città
di Torino. Nella pagina accanto: fronte principale del Politecnico in corso Duca degli Abruzzi dove hanno sede
Rettorato, uffici amministrativi e biblioteca centrale. Gli edifici con
1.147
vani coprono oltre
33
mila metri quadrati
lO
Perro n Cobus: lo
voee
degli
stude nti
Più polemici, almeno rispetto al passato, e dubbiosi
sul lavoro che le commissioni preposte alla soluzione
del problema vanno effettuando, sono gli studenti
universitari, che da anni, bisogna darne atto, stanno
conducendo una battaglia di punta per la «città
universitaria
».
La loro posizione ci
è
stata illustrata
dal Consigliere dell'Interfacoltà Alberto Perron Cabus
e da Mario Aprà.
Da molti anni il Movimento Studentesco Torinese si
batte perchè i gravi problemi edilizi che il nostro
Ateneo presenta, siano risolti in una prospettiva or–
ganica e globale, cioè attraverso un centro universi–
tario in cui siano collocate tutte le Facoltà, ed inoltre
tutti quei servizi culturali, sportivi e residenziali di
cui la comunità universitaria necessita.
Sinora la dirigenza universitaria si è mossa in una
prospettiva di soluzioni occasionali e frammentarie di–
rette a risolvere i più gravi casi di sovraffollamento
non attraverso un piano di previsioni, ma caso per
caso, reperendo aree a basso costo, in zone non
troppo lontane dal centro cittadino, al fÌne di dare
ad ogni Facoltà una propria sede; espressione tangi–
bile (e non più cancellabile purtroppo) di questa
politica è il Palazzo delle Facoltà Umanistiche, co–
struito in corso S. Maurizio senza tener conto, tra
l'altro, dell'effettivo aumento degli iscritti all'Univer–
sità; la sua capienza è di 3670 posti; al 30 Marzo
1967 gli iscritti alle Facoltà Umanistiche sono 6974,
di
cui
2117 fuori corso.
In questi ultimi tempi la grave situazione ha imposto
al Rettore un mutamento
di
politica, che si è espresso
nella nomina di due commissioni di studio e nella
affermazione favorevole alla « città universitaria ». Ma
la commissione accademica, dopo tre mesi di lavoro,
non è giunta ad una conclusione. Vi è il timore che
le proposte abbiano mutato forma ma non sostanza ..
Di fronte a questa situazione
il
Movimento Studente–
sco indica alcuni punti che devono stare alla base
di qualsiasi criterio di soluzione al problema edilizio.
In primo luogo, l'accettazione del concetto di
«
città
universitaria» come sede di tutte le facoltà e non
solo di alcune. Pertanto non riteniamo si debba par–
lare di una diversa collocazione dei due tipi di fa–
coltà (l'uno nel centro storico e l'altro fuori): se ne–
cessitano soluzioni immediate, devono essere provvi–
sorie.
In secondo luogo la scelta dell'area in cui collocare
il
centro universitario deve tener conto di una plurali–
tà di elementi: rapida espansione scolastica; caratte–
ristiche di una rinnovata università con la costitu–
zione dei «dipartimenti» e
il
tempo pieno per
i
docenti; rapporti tra Città e Regione da una parte
e l'università dall'altra.
In ogni caso la scelta dell'area deve essere fatta se–
condo criteri obiettivi che si ricavano tenendo conto
di questi elementi. Sarebbe estremamente pericoloso
rifarsi invece a criteri meramente economici, di costi
delle aree e di possibili speculazioni.
Alberto Perron Cabus