

Aperta per ultima fra le biblioteche pub–
bliche torinesi, il 22 febbraio 1869, la
Civica si è trovato affidato un ben pre–
ciso e vitale programma di servizio fin
dalla sua istituzione, proposta in Consi–
glio Comunale da Giuseppe Pomba nel
maggio 1855 ed ufficialmente approvata
dieci anni dopo. Questa non venne con–
cepita come semplice utilizzazione, met–
tendoli a disposizione degli studiosi, dei
fondi librari venuti in possesso del Mu–
nicipio per eredità o in seguito a di–
sposizioni legislative, come accadde per
molte consimili biblioteche comunali.
Anzi, un encomiabile intento di riunio–
ne degli sforzi per assicurare alla citta–
dinanza un adeguato strumento di cul–
tura aveva consigliato, un secolo e mez–
zo prima, la cessione della libreria aper–
ta (1714-1722) nella vecchia sede dello
Studio, non lontano dalla torre muni–
cipale, in esecuzione di lasciti
dispo~ti
a tale scopo dall'infanta Maria di Savoia
(1656) e dal conte Giovanni Antonio
Roggiero (1687), esecuzione rimandata
di parecchi anni a causa delle vicende
militari. I fondi librari del comune e
quelli del sovrano erano allora confluiti
per formare la Biblioteca Universitaria
- monumento della cultura settecente–
sca anche nella sistemazione architett0-
nica - destinata purtroppo a venir gra–
vemente compromessa dai due incendi
che la devastarono nel nostro secolo, do-
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po che fu insignita della qualifica di Na–
zionale. Ed una sorte per qualche rispet–
to analoga, cioè la restituzione ai con–
venti donde provenivano, avevano avuta
le poche migliaia di volumi adunati nel
1801 nell'isolato del Carmine dall'ammi–
nistrazione francese , per formarne una
biblioteca dipartimentale funzionante ,
sotto la denominazione di Municipale,
fino al 1815.
Giuseppe Pomba, ormai anziano pion!e–
re dello sviluppo dell'industria tipogu·
fica e editoriale, che soprattutto per me–
rito suo cominciò ad avere a Torino uno
dei suoi centri maggiori, dedicò la pro–
pria attività di consigliere a promuovere
la fondazione di una biblioteca comu–
nale, ma non semplicemente per rinno–
vare delle iniziative del passato o per
dotare la propria patria di queUa se–
conda biblioteca pubblica, che già van–
tavano «le più cospicue città d 'Italia ,
Roma, Firenze, Milano...
».
Come dichia–
rò nella proposta scriu.a indirizzata al
Sindaco il 28 maggio 1855 , « è cosa sin–
golare che una città popolata come ora
è la nostra Torino, non possieda che
una Biblioteca pubblica, quella
cioè
della
R. Università, la quale, se
è
ricca di
opere antiche classiche ed in ogni lingua,
splendide per lusso tipografico, e dovi–
ziosa pure di numerosi e preziosi ma–
noscritti, non è similmente ben fornita
di opere moderne nelle scienze natura-
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