

V 'è una Torino di tutti
e v'
è
una Torino di ciascuno che l'ami.
Presente e passato
s'intrecciano di continuo nelle sue piazze,
nelle sue strade,
e sono causa di una nostalgia tutt'altro che vana
l'arte, che a poco a poco muterà senza dubbio
in meglio l'aspetto della nostra collina; la
quale migliorerà tanto più , seppur si imiterà
da ogni privato o dal pubblico la cura, già
avuta da alcuni, delle strade numerose che
mettono a quelle migliaia di case. A quelli ,
anzi, cui giova anticipare in idea lo stato fu–
turo materiale e immateriale dei paesi, sarà
facile immaginare al tempo dei loro figliuoli o
nipoti un vero paradiso terrestre nella nostra
collina; quando non più sforzata, ma adorna
la natura, si confondano e connettano i giardini
gli uni cogli altri, e colla larga e varia valle
del Po e con quell'impareggiabile scenario del–
l'Appennino e delle Alpi , dalla Bocchetta al
Monte Rosa
».
Correre
al npan
Sono ottimista, e
]0
ripeto. Ma non sono fata–
lista. In altre parole, se non vogliamo che la
profezia del Balbo sia smentita per sempre,
dobbiamo affrettarci, dobbiamo correre ai ri–
pari prima che sia troppo tardi, dobbiamo
provvedere immediatamente ed evitare la cata–
strofe. L'altro giorno, con gli amici Mario
Bonfantini e Bruno Fonzi, mi sono avventu–
rato, palpitando, su per la strada di Mongreno,
alla ricerca delle ultime osterie.
Il cuore mi si stringeva, vedendo lo squallore
del giardinetto della vecchia «Trattoria dell e
Alpi
» ;
in riva al fiumicello: spezzati , gettati
a terra i bei tavoloni di pietra, abbattuti qua
e là i paletti che sostenevano la vite, e lo
scheletro della « topia
»
tutto arruffato e semi-
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