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Il paesaggio collinare

pleDlontese

"antica cl",lllsslDla architettura

"

Il Torinese ama la sua collina, posta al

di là del Po a fondale delle sue strade

e dei suoi piazzali cittadini; ma di tale

amore non ha coscienza e tale amore non

utilizza in sito con profitto.

Una più determinante e riflessiva cono–

scenza del problema collinare si abilita

come fatto di costume civile e di senti–

mento poetico solo quando la trasmi–

grazione altrove impone confronti con

altri sistemi di colline. Quelle altrui,

frequentemente più piacevoli perchè

oleograficamente facili di comprensione,

determinano indirettamente una nobili–

tazione della cruda essenza del massic–

cio collinare casalingo.

La collina di Torino non è scenografica

nell'accezione svalutati,Va del termine tea–

trale, cioè di cosa falsa destinata a viaggia–

re sulle cartoline colorate e smaltate dei

tabaccai; non è celebrabile scrigno di

prospettive sceniche cartacee ove sfavilli

un cielo perennemente azzurro ed alle–

gro.

È

invece scarna, disadorna, essen–

ziale. Se talora è fosca come un'esten–

sione del paesaggio suburbano di Cesare

Pavese e se altre volte è solamente triste

come pervasa da dolce mestizia

gozza~

niana, tuttavia la collina torinese ch 'è

nel nostro cuore è solare; è solare a suo

modo, un modo classico, però non come

aprica terra mediterranea, bensÌ come

il–

luminata e tiepida può essere una terra

al 45" parallelo, lungo la Pianura padana,

la quale vi spinge su un po' di nebbia

a

velarl~,

e com'è qualsiasi campagna

geometrlzzata da europei continentali nel

loro spirito di lucida razionalità e di

ordinata industriosità.

Se dunque essa non è fonte di piacevo–

lezza e di facilità, peraltro essa non è

sostanziata di selvaggia attrattiva, di di–

rupi .

incol~i

e di spettinate boscaglie,

qual! quel luoghi inconsueti che le

strade panoramiche di nuovo tracciamen–

to scoprono additandoci altri modi in–

ventivi del paesaggio.

Quella tale immagine d'essa che portia–

mo dentro di noi è sorgente estetica è

fonte di bellezza perchè il

godime~to

che prepara nasce direttamente da una

autentica anatomia senza paludamenti

orpellosi, essendo ritratto di cose fatte

dall'uomo e vicine all'uomo di tutti i

giorni.

Tale uomo comune, uomo di città, in

ogni tempo ha stilizzato la natura proiet–

tandovi sopra la propria immagine chia–

rificata con le polarità ed antipolarità

biunivoche delle proprie aspirazioni nel–

la vita cittadina e nella vita agreste.

Lo spirito urbanistico dei Torinesi ama–

va nella città una ossatura militaresca,

con edifici quasi schierati in parata, ma

nella collina prediligeva una complemen–

tare ossatura mossa ed estrosa, che a

tutt'oggi attende uno storico capace, che

sia anche critico d'arte, il quale la va–

lorizzi.

Si potrebbe dire che non si può cono–

scere

il

contado antico sui rilievi di là

dal Po se non si conosce

il

concentrico;

e viceversa.

In verità si tratta di due specchi dello

stesso animo civico aggregativo.

Il disegno di piazza Castello con le se–

di di governo statale sabaudo ha riscon–

tro sulla collina nell'antipolare disegno

della villa della Regina;

il

disegno del–

l'isolato cittadino usuale, costituito da

palazzi borghesi e nobiliari ma ospitan–

te con decoro anche il popolo, è reci–

procamente riecheggiato lassù dalla tes–

situra delle maglie poderali delle «vi–

gne» aventi analoghe organizzazioni a

mo' di costellazioni di luoghi specializ–

zati per una vita armonicamente orche–

strata di lavoro utile e di ozio attivo.

Siffatto paesaggio civilissimo è dunque

architettura d'antica consolidazione nella

quale si riflette, come prima si diceva,

l'anima della civiltà produttrice. Ed è

proprio questo lato della piacevolezza

etica che genera la bellezza estetica del

paesaggio, seducendoci nell'esame criti–

co e nella contemplazione anche mera–

mente intuitiva. Ciò perchè, se è vero che

l'uomo ama

il

« paesaggio naturale », co–

me si verifica nei parchi nazionali e nei

paesi coloniali, non si può non ricono–

scere che egli àmi sopratutto

il

« paesag–

gio artefatto », fatto ad arte, modellato

dai propri simili seguendo concetti chia–

ri, pensieri forti ed espressivi, così co-

me accade nelle arti figurative. Un pa–

ragone esemplificativo

è

qui necessario.

È

noto che all'uomo piace

il

diamante,

bellezza naturale incorrompibile, ma an–

cor più il diamante gli aggrada se su

d'esso si proietta il proprio spirito di

conoscenza mentale che vi vede riflesso

e riverberante il metafisico mondo delle

più pure astrazioni della geometria ma–

tematica. Anche il solido poliedrico che

il celebre autore del libro

de Divina Pro–

portione

Luca Paciolo fece riprodurre

accanto al proprio ritratto rispecchiava,

quasi magicamente decantandola, la

cul–

tura scientifica ed artistica del Cinque–

cento in clima manieristico.

La collina torinese, che prima fu anche

stilisticamente romanica e gotica, come

testimoniano ancora a Ranverso ed a

Cavagnolo alcuni siti caratteristici (*), fu

riplasmata totalmente e più energicamen–

te nella modellazione del tempo barocco

in clima illuministico. Ebbene in tale

stagione sei-settecentesca ha assunto

il

fascino di cosa assoluta, come quel «due–

decedron », dodecaedro manierista di

cui s'è detto per esemplificazione; ha

assunto anzi bellezza assoluta perché ri–

vela un pensiero ordinatore inconfon–

dibile.

Civiltà stilistica

Si sa che sempre il pensiero tende a

divenire forma e la forma stimola

il

pensiero, generando la civiltà stilistica.

Qui a Torino il massiccio collinare ri–

maneggiato dagli urbanisti barocchi ri–

vela infatti un disegno di appoderamen–

to generale e di lottizzazione particolare

integrato con il tracciato di opere stra–

dali ed edili tanto congruente sotto

ogni aspetto ecologico, sul quale può

posarsi un energico compiacimento men–

tale appena appena l'occhio ne abbia

afferrata la legge generativa. Le case

rustiche, le case d'abitazione civile, le

cappellette isolate accanto ai pilastri

dei cancelli d'ingresso, i giardini pet-

tinati ed ornati geometricamente, i via–

li,

i belvederi, le « topie », tutto è pre–

disposto a formare delle varie e molte–

plici « vigne» una « colonia di vigne »,

carica di energia significativa.

Il geografo ed

il

critico d'arte ne trag–

gono l'esatta impressione che, come la

città con i suoi isolati è la casa di tu tti

i cittadini operosi, così la colonia di vi–

gne collinari

è

la dimora collettiva di

una educata casta di uomini operanti

ed artisti ispirata da un bisogno pro–

fondo di ordine, d'armonia, di regola–

rità unificatrice e di varietà bizzarra

secondo i canoni hogarthiani della bellez–

za del tempo.

Senza l'immagine di tale insediamento

ordinato ed armonico, la collina di To–

rino sarebbe impoverita. E tuttavia ol–

tre alla vista contribuisce nell'estetica

anche il suono dell'attività ospitata.

Difatti spiccano modi differenti di con–

cepire la vita villereccia ad ogni tappa

evolutiva nella successione delle gene–

razioni.

Alla maniera della residenza estiva se–

centesca quasi in castelluccio della « vi–

gna della Regina» del Costaguta, si

contrappone ad esempio la «vigna del

Cipresso» del Vittone, la quale, inter–

pretata con la scorta dell'antico

cabreo

come abitacolo non eccessivamente gran–

de, con funzione quasi di tenda da

campo a padiglione, ma contornato da

porticati e da accessori utili per risol–

vere trattenimenti di gioco e di breve

soggiorno da parte dell'alta società, co–

stituisce una complessa architettura pog–

giata su un grande terrazzamento arti–

ficiale creato a formare giardino. Da

quel giardino si scendeva ad un sotto–

stante giardino, altrettanto pettinato, ed

al quale si aveva accesso mediante quat–

tro cancelli, due da un lato e due dal–

l'altro: ciò per permettere il carosello

delle carrozze dei visitatori e la sosta

dei veicoli e dei cavalli nel boschetto

adiacente. In ultima analisi, un rituale

ordinato

commodus

era possibile in

quella «vigna », la quale assecondava

il rilievo montuoso generale secondo i

suoi elementi topo-geo-idrologici, men-

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