

gnata dai Cognati, per andare a Palazzo,
a riprendere il suo posto di reggente
ufficiale.
D'allora la vita del castello e del par–
co, e della fattoria annessa, s'arricchisce
sempre più: giostre, cacce, luminarie,
diporti fluviali. Ma se oltre a questo
penso all'orto botanico che Vittorio
Amedeo II vi volle impiantare, se pen–
so alla biblioteca che Carlo Emanue–
le
III
volle organizzare, e al suo desi–
derio di trasformare quelle sale ormai
fastose in un Ceramico ateniese per lo
studio dei tre regni, mi convinco che
quegli
olia
regali potevano avere molto
di comune con quelli latini oraziani.
Le prime Esposizioni
Per cui, superato il periodo dell'occupa–
zione napoleonica - Jordano Gallorum
legato auspicante - , ecco che una nuo–
va impostazione di impiego attende il
parco e il castello. Anche se il destinar–
lo ad uso militare non fu certo la deci–
sione più adatta alla sua conservazione
artistica, tuttavia dobbiamo ricordare
che
lì,
tra i boschi e
il
Po, fu conce–
pita la prima Compagnia Pontieri del
nostro Esercito, una delle più beneme–
rite specialità del Genio Militare.
Ma una delle più idonee destinazioni
del Castello fu quella di fargli ospitare
le prime Esposizioni subalpine, e cioè
del 1829, 1832, 1838, 1844, 1850,
1858. Era come uno scrigno che si
apriva ai tesori della intelligenza, della
pazienza, della creatività del vecchio
Piemonte, che si preparava a divenire
il giovane Stato italiano, e voleva ren–
dersi conto di sé attraverso periodici
esami di coscienza.
L'Esposizione del 1829 inaugurata da
Carlo Felice, fu veramente una rivolu–
zione nel concetto, perché ad essa fu–
rono chiamate a porsi su di uno stesso
piano l'industria, l'agricoltura e il com–
mercio, in perfetta parità.
Il castello del Valentino
visto dall'alto :
il cortile d'onore rivolto alla città
è circondato da tre ali; il tetto è alla francese,
ma eccetto questa compiacenza,
l'architettura è del tutto italiana,
rivissuta con misurata
e composta sensibilità piemontese
47