

C ERT I F I C ATO D I W
AZ I ON I
Alle 18 sale del castello messo a di–
sposizione dal Re , conduceva uno stu–
pendo viale a quattro file di olmi, e ai
prodotti dei cinquecentodue espositori
il
pubblico venne ammesso ben tre giorni
la settimana. Su questa memorabile espo–
sizione scrisse un saggio
il
marchese La–
scaris di Ventimiglia, presidente della
Camera di Commercio, saggio che non
firmò, essendo disdicevole a un patrizio
di pubblicare.
Già altra volta il castello si era cimen–
tato in simili imprese, ma in modo non
convenevole offrendosi all'arte e all'in–
cÌustria - cosa questa un po' disdice–
vole , in quanto contaminazione di cose
attese allo spirito con cose attese preci–
puamente al materiale -; si era tutta–
via nel 1808, in periodo di occupazione
napoleonica, per cui non si rifletteva in
essa né il vero volto, né la vera capacità
del Piemonte.
Astrazioni floreali
Fu invece proprio nel periodo albertino
che si vivificarono questi esami econo–
mici del Paese: il resto d'Europa pro–
grediva, le industrie ricreate dalla scien–
za scandivano le pulsazioni degli stati e
perciò anche in Piemonte era necessario
far conoscere « lo stato delle patrie ma–
nifatture, spandere la stima e l'amore
delle arti, onorare i manifatturieri ».
Portate le Mostre da tre a sei anni d'in–
tervallo, nel 1844 la Regia Camera di
Agricoltura e di Commercio di
Ciam–
berì,
Nizza, Genova, divulgano il loro
manifesto e stabiliscono premi. Come
relatore ufficiale fu nominato allora il
noto ingegner
C. ].
Giulio, che lascia
una dotta Memoria sullo stato attuale
(1844) delle risorse e delle industrie del
Piemonte. « Le nostre ricchezze metal–
liche consistono principalmente in ferro ,
piombo, argento, oro, con qualche pic–
cola quantità di rame, manganese, co–
balto ». Egli enumera ventotto miniere
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di ferro coltivate e tremilacinquecento
operai addetti; la quantità del metallo
ridotto è di ottantamila quin tali...,pel va–
lore di quattro milioni; per il resto si
sopperisce con il minerale dell'Isola
d'Elba. Poi la relazione parla dei cerca–
tori della Val d 'Ossola, e si domanda
se l'esistenza di quelle miniere sia un
bene o un male, e conclude per il male ,
«perché l'immagine di un oro sepolto
su cui poche ricerche condurranno a
mettere la mano, seducono molti im–
prudenti e li distolgono dal proseguire
altri lavori men larghi al promettere ma
più fedeli nell 'ottenere ». Egli pone l'ac–
cento sull'industria del ferro «cui con–
fluiscono i più recenti progressi tecnici,
chimici, meccanici» ed introduce con–
siderazioni sulla dannosità dei sistemi
protezionistici delle materie prime, che
si traducono in arretratezza industriale
e aumento dei prezzi.
Leggendo questa sapiente relazione che
si approfondisce nell 'analisi dei più con–
venienti sistemi per la riduzione del fer–
ro (questione vitale per
il
Piemonte po–
vero di carbone), mi veniva da pensare
all'ambiente in cui questi pensieri era–
no stati formulati, anzi, occasionati, ec–
citati. Certo lontani erano dall'immagi–
narselo i Bianchi, i Recco, i Casella e lo
stesso Carlo di Castellamonte che dise–
gnarono, stuccarono, affrescarono quelle
superbe sale per la delizia dei principi
e dei loro convitati : la sala dei gigli
impresa ti con i motti di
Filindo il Co–
stante
(Filippo d 'Aglié), la sala delle
meraviglie, la sala dei fiori indorati, ecc.
Ma, a ben pensarci, in tante astrazioni
floreali e mitologiche, non c'era anche
una sala delle fatiche d 'Ercole e una sa–
la del Negotium? E il mito non
è
desso
un adombramento del vero? E l'ar te
non è dessa sempre un anticipo di realtà
future? Gli
otia
dei principini non po–
tevano essere affiancati dai
negotia
di
quell'industria che ora si nutriva di
scienza e d 'arte?
Altra esposizione nel '50 ospiterà il Va–
lentino, e di essa si aspetterà invano la
relazione, perché nel frattempo il rela-
Sorta l'idea
della Esposizione Generale Italiana
in Torino, nel 1884,
fu immediatamente studiata e concretata
da generosi iniziatori.
L'intera popolazione secondò con entusiasmo
l'iniziativa ed in pochi giorni
la sottoscrizione dei certificati azionari
venne abbondantemente coperta
tore Camillo Cavour, che avrebbe vo–
luto farne un'approfondita indagine sta–
tistica che riflettesse lo stato economico,
produttivo e dei consumi del Regno
Sardo-Piemontese, era diventato il Mi–
nistro dell'Agricoltura.
La "fatale Novara"
Penso che dovremmo porre l'accento
sulla data della esposizione che puntual–
mente si aperse nell'aprile del 1850,
perché si ebbe
il
coraggio civile di farla
a pochi mesi di distanza dalla fataI No–
vara, mentre erano ancora vivissime le
polemiche sulle cause degli insuccessi
militari, mentre si aggravava la lunga
crisi dell 'industria serica, industria di
base per il Piemonte, e grave era lo
sconcerto per
il
problema creditizio, per
il corso forzoso e per le emissioni.
E ciò nonostante, e nonostante la im–
mancabile crisi dei raccolti, sempre pun–
tuale alla vigilia di un grande evento
per Torino, l'Esposizione fu indetta, e
si preparò come proprio non se ne era
mai preparata un'altra, nominando Giun–
te in tutte le città. E riescl pienamente
per concorso di espositori e per la di–
mostrazione del progresso manifatturie–
ro in tutti i campi, nonostante tutto. Ed
è
ancora da ricordare per una importan–
te evoluzione ideologica: al prodotto
dell 'industria si affiancò senza polemica
l'opera dell'artista e si vide così « un
compiuto progredire di opere in cui la
mano va congiunta all'ingegno, comin–
ciando da quelle che richiedono più ar–
tificio meccanico , a quelle opere del ge–
nio estetico in cui l'uffizio della mano
è
meramente secondario ». Questo giu–
dizio della Camera di Agricoltura e
Commercio prosegue con una finezza di
notazioni che sarebbe un peccato non
trascrivere anche per brevi tratti. Ri–
guardo sempre alle Belle Arti essa dice:
« In questa Mostra forse il paese [pae–
saggio] tenne il primo luogo. La grande
storia di battaglie è finita, si è quaSI
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cerca di riposo, nella piacevole sensa–
zione della vita dei campi, in quella in–
terna percezione de l'infinito che accom–
pagna la veduta delle grandi arie, dei
grandi mari, di tutto ciò che
è
sostanza
e fondo del paese. La migliore prospet–
tiva
è
come frutto delle diffuse scuole
tecniche che abituano al disegno, ma
non bisogna che la scienza offuschi l'ar–
te e non bisogna che vi sia matematica
in luogo di dipinto , e lo scheletro delle
cose in luogo di vivente natura ». E il
Valentino registrò tutto questo.
Intanto si riorganizzava il Paese, lo si
ammodernava nelle sue finanze; nel '46
aveva raggiunto il suo massimo con un
bilancio addirittura attivo nel clima di
riforme economiche a larga visione li–
berista che Carlo Alberto con prudente
audacia attuava , aperto alla intelligente
collaborazione di ministri e studiosi, che
tenevano gli occhi aperti sulle dottrine
e sui fatti economici europei e mondiali,
quali il Petitti, Prospero Balbo, Thaon
di Revel , il Caccia, il Giovanetti, il
Gambini e il Cavour. Poi vi era stata
la guerra sfortunata.
Dinamismo ideologico
Ma
è
appunto alla luce di questo dina–
mismo ideologico all'interno del Pie–
monte che si capisce
il
prodursi di fatti
economici e politici in uno Stato di si–
mili proporzioni. Come dissi altra volta,
qui lo Statuto albertino non fu un pun–
to di partenza ma un punto di arrivo,
e se vogliamo essere audaci, lo diremo
il
perfezionamento politico di una idea
economica. Il Cavour stesso e la sua
opera possono anch'essi entrare in que–
sta definizione audace, e l'uno e l'altra
si sono formati e si sono espressi sin
dagli inizi in un ambiente che ha loro
consentito l'operare.
Queste sono peraltro notazioni che esu–
lano dal mio campo, mentre io qui, co-