

e decadono. Ora, il richiamo dell'indu–
stria, il miraggio della busta-paga sicura,
sta rimescolando l'Italia e l'Europa: ne
nasce un rapido (anche se disordinato e
confuso) incrociarsi
di
tradizioni e di
razze, quale nei secoli andati solo le
guerre e le invasioni provocavano. Non
è
più la lenta trasmissione «de proche
en proche », la secolare chimica del–
l'humus, ma
è
la violenza del forno fu–
sorio: meridionali nel Nord, italiani in
Svizzera e in Germania, il MEC, i can–
tieri e le carrozzerie italiane in tutto il
mondo, i giganteschi contratti con l'U–
nione Sovietica. Non tutto può piacere
a tutti, ma nessun mutamento piace a
tutti, e indietro non si torna.
Un nuovo equilibrio
È
nuova, e simbolica, la presenza per le
strade di Torino degli studenti africani
ed asiatici che frequentano i corsi di per–
fezionamento professionale del BIT. Essi
sono l'equivalente e il contrappeso dei
turisti stranieri, da secoli parte integran–
te (anche se sempre rinnovata) della po–
polazione delle capitali umanistiche. Vor–
remmo vedere in questa presenza l'inizio
di un nuovo equilibrio, di una sempre
più piena integrazione fra le «due cul–
ture» e i due mondi.
32
Augusta Grosso Guidetti
Mi è stato chiesto che cosa si può dire
della cultura nella città industriale, indi–
cando quali aspetti se ne possono osser–
vare nella visuale di una Associazione
Culturale ormai antica di anni, ma pur
viva e perennemente rinnovantesi nel
contesto culturale del nostro tempo.
Difatti, la Pro Cultura Femminile
è
sor–
ta nel 1911: la sua nascita corrisponde,
quindi, press'a poco alla grande trasfor–
mazione della città, con il passaggio da
una civiltà artigiana ad una civiltà in–
dustriale. Ed è sintomatico che proprio
in quegli anni un piccolo gruppo di don–
ne intelligenti abbiano avvertito la ne–
cessità di operare in profondità, al
di
fuori degli schemi scolastici, per cer–
care di educare la coscienza della donna,
aprendole vasti orizzonti culturali, non
limitati all'Italia, ma con respiro inter–
nazionale.
La funzione che ha svolto allora la Pro
Cultura
è
stata , dunque, di rottura di
quelle che erano le linee tradizionali e
convenzionali di una mentalità retriva.
In che modo ha svolto - e continua a
svolgere con incessante cura - il suo
compito, una associazione che ha come
scopo statutario di «tener viva la cul–
tura della donna e, insieme educarne la
coscienza morale e civile »?
Vorrei, anzitutto, porre l'accento su quel
« civile» che rispecchia da solo un pro–
posito veramente precorritore dei tempi.
Poiché, in fondo, il problema non
è
mu–
tato nei suoi termini: si tratta anche og–
gi - e non solo per la donna, ma anche
per l'uomo - di dare un ampio conte–
nuto civile, oltre che morale, ad un mon–
do che la industrializzazione tende ine–
sorabilmente ad alienare e disumanizzare.
Ora, il metodo usato fin dall'inizio, ci
pare valido tuttora, anche se logicamen–
te va adattato ai tempi ed alle tecniche
nuove.
Libri, anzitutto, quanti più
è
possibile,
di tutte le letterature; senza timore di
affrontare l'attualità anche difficile, an–
che ostica.
Oggi questo
è
diventato uso comune
e non stupisce più; ma tra il 1911 e
il 1940 certi libri non entravano, certo,
nelle pubbliche biblioteche legate a sche–
mi rigidi.
Nella nostra biblioteca esistono, dunque,
libri che era difficile trovare altrove e
la cui presenza è chiaro indizio di una
apertura molto coraggiosa, tanto più se
si pensa che si trattava, allora, di una
Associazione dedicata solo alle donne.
Poi, riviste di varia cultura, corsi di le–
zioni e conferenze che toccarono, fin dal–
l'inizio, gli argomenti più vari e il cui
scopo era, appunto, quella ampiezza di
informazione che è necessità inderoga–
bile di una società in rapida trasforma–
zione.
PAVESE
Il
POESIE
EDITE
E INEDITE
Uoa edizione condotta sui manoscritti dì Pavese che rac:·
coglie: per
1:1:
prima
\/0110
in ordine cronologico le poesie
di
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~
avrà
i
tuo; Q(cbi,
e
trent:l:dnq\le liriche
inc:dile.
ii
Ma a quale pubblico si rivolge il discorso
che da 56 anni andiamo sviluppando?
Come, cioè, abbiamo cercato di incidere
sulla trasformazione in atto della società?
È
ovvio che soprattutto all'inizio ci si
rivolgesse ad un ambiente che aveva le
sue radici nella scuola: cioè insegnanti
di vario grado e studentesse. In rapporto
a queste circostanze, è particolarmente in–
teressante che la biblioteca - punto di
partenza e base essenziale della istituzio–
ne - è stata concepita con un criterio
di modernità che superava le barriere sia
della cultura accademica che
di
quella
cosiddetta popolare: lo dimostra il fat–
to che libri di letteratura francese, ad
esempio, che oggi sono oggetto di studio
universitario, si trovavano soltanto nella
nostra biblioteca.
Questa stessa modernità di impostazione
ha permesso di allargare la cerchia del
nostro pubblico, sia attraverso le confe–
renze, che attraverso le varie attività
(teatro - musica - cinema - aggiornamen–
ti scientifici - cultura storico-politica).
Si tratta, però, sempre di un pubblico
che sente spontaneamente il richiamo
culturale.
Non direi che, se questa nostra Torino
ha avuto un così notevole incremento di
attività economica, le associazioni cultu–
rali, in genere, abbiano potuto raggiun–
gere, con la loro azione, più vaste ca–
tegorie.
Inevitabilmente, le associazioni che ope–
rano su questo piano di cultura raccol–
gono quelle persone che già hanno certe
curiosità culturali e che costituiscono,
quindi, sempre una percentuale non
molto elevata della popolazione; non
potranno, quindi, in alcun modo diven–
tare «istituzioni di massa ».
I mezzi di larga diffusione e comunica–
zione della cultura dovrebbero, però, su–
scitare a poco a poco un più vasto svi–
luppo e ricambio di questi «richiami »,
di queste specifiche curiosità culturali,
che pur restano sempre necessariamen–
te su un piano di élite e a cui, appunto,
solo le associazioni culturali di alto li–
vello sono in grado di dare una risposta.