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Il concetto di

livello

del prodotto cultu–

rale da offrire a un ceto piuttosto che ad

un altro

è,

in questo senso, una delle

maggiori e più diffuse falsificazioni nel

campo della politica culturale generale

in un paese moderno. La città industria–

le, paradossalmente,

è

proprio uno dei

fattori che favorisce di più questo tipo

di falsificazione . L'immissione nella vita

cittadina delle nuove generazioni sia nel

campo della ricerca e dell'attività pro–

fessionale che del lavoro costituisce a

sua volta un' incentivazione di questa

artificiosa divisione favorita dall' indu–

strializzazione. Il prodotto culturale è,

in termini mercantilistici, un prodotto

di prima necessità per il giovane che

inizia la sua vita in una comunità ad

alto potenziale industriale. Le sue scelte

stanno, in termini bassamente concor–

renziali, tra un'elevazione professionale

(un guadagno) ottenuta sulla base di ti–

toli di studio (quindi della cultura), e

la corsa al maggior guadagno sulla ba–

se pura e semplice di un inserimento

sempre maggiore nei meccanismi del si–

stema tout-court. In termini più gene–

rali questo dualismo si esprime nel di–

lemma potere-cultura o potere-capitale.

È

quindi su un'effettiva e ampia uni–

ficazione dei due indirizzi cui accenna–

vo dianzi, quello della specializzazione e

quello della iniziativa pubblica, che è

possibile affrontare con reali possibilità

di successo i complessi problemi che

stanno alla base dell'avanzamento cultu–

rale di una città industriale.

L'iniziativa pubblica

È

necessario, tuttavia, intendere in modo

nuovo i due termini della questione.

Per

specializzazione

è

necessario inten–

dere l'identità profonda che deve essere

stabilita tra lavoro tecnico e cultura.

Per

iniziativa pubblica

deve intendersi

la promozione, il coordinamento e

il

con–

trollo di una effettiva politica culturale

ad ampio respiro nella quale siano rap-

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presentate tutte le classi, tutti

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ceti,

tutte le organizzazioni effettivamente

rappresentative della comunità, L'iden–

tità tra lavoro e cultura ha un preci–

so significato politico generale che già

Gramsci vide e definì chiaramente.

L'iniziativa culturale infatti non può non

partire da una base

reale

del lavoro e

della distribuzione del lavoro. Soltanto

sulla base della qualificazione progres–

siva di questo il termine

cultura

può

assumere un reale significato. E soltanto

nell'ambito del lavoro essa può assu–

mere quei termini di uso

comune

e

ac–

cessibile

che fanno della cultura un fatto

vivo

nello sviluppo del corpo sociale.

L'apprendimento delle varie tecnologie

industriali, strettamente collegato alle

materie di più ampio orizzonte umani–

stico, e la stessa tecnologia inquadrata

in una visione di insieme, e dei processi

produttivi, e dei loro collegamenti con

la vita generale della società (politica,

comunicazione, formazione generale del–

l'individuo, psicologia, sociologia, econo–

mia, ecc.) sono le autentiche vie maestre

di una cultura veramente degna di que–

sto nome, alla quale hanno diritto le

masse lavoratrici, ma alla quale è legato

pure il destino delle strutture economi–

che fondamentali di uno stato moderno.

Finché queste idee di base non trove–

ranno adeguata applicazione nella realtà

lo sviluppo tecnologico e industriale del–

la città viaggerà sempre sull'orlo del caos

speculativo e dello sfruttamento incon–

trollato dell'uomo sull'uomo. L'iniziativa

pubblica d'altra parte, non può essere

considerata soltanto come l'elemento

equilibratore delle varie tendenze e linee

di forza sviluppantesi all' interno della

comunità. Da quanto si

è

detto

è

facile

dedurre che ad essa compete la fusione

controllata,

sul piano generale dell'intera

comunità, tra lavoro e cultura che dal

piano settoriale deve per forza di cose

essere portata al livello di interessi ge–

nerali che l'iniziativa pubblica deve svi–

luppare e concretare in modi e realtà del

tutto specifici.

Soluzioni valide

Allo stato attuale delle cose, e finché non

verrà affrontato

il

problema della cultura

nei termini effettivamente corrispondenti

alla complessa realtà di una comunità

industriale cui abbiamo sommariamente

accennato, non sono pensabili soluzioni

veramente vitali e valide, veramente vol–

te al futuro, nei vari settori dell'attività

culturale. Centri di formazione profes-

sionale, associazioni culturali di vario

genere e composizione, teatri e conser–

vatori, gallerie d'arte, musei e centri di

studio o di informazione e divulgazione

avranno al massimo assolto alle loro spe–

cifiche finalità, magari in forma egregia

sul piano dei particolari obbiettivi scien–

tifici, artistici e divulgativi che essi si

sono prefissi, ma rimarranno del tutto

marginali su quello di un effettivo, con–

creto elevamento culturale della popo–

lazione.

Corrado Levi

Il rapporto fra cultura, cultura architet–

tonico-urbanistica e città industriale si

profila a tutt'oggi come clamoroso in–

successo al realizzarsi di una città ade–

guata alle esigenze ed in generale alle

aspirazioni della vita di oggi. Tale rap–

porto non

è

contrappositivo; la vita tut–

ta della città nelle sue varie espressioni

è

cultura o incultura a seconda che si

condivida o meno la logica della civiltà

industriale. Si può parlare più restrit–

tivamente di concezioni disciplinari ana–

cronistiche che, insieme a difficoltà strut–

turali, costituiscono remore ad un assetto

della città corretto entro i canoni della

attuale civiltà, salvo a voler mettere

in