

mica delle istituzioni ufficiali; l'interdi–
sciplinarietà del sapere e la specializza–
zione professionale; il rapporto ccm i
giovani e l'aggiornamento costante del
lavoro educativo e divulgativo ad essi
rivolto ; il costante assorbimento sul pia–
no della comunicazione dei modi espres–
sivi della contemporaneità e
il
controllo
costante dei grandi mezzi di comunica–
zione di massa (giornali, radio, televi–
sione, pubblicità, pubblicazioni periodi–
che specializzate e non, ecc.).
Per quanto possa sembrare lungo l'elen–
co, non credo vi sia uno solo degli ele–
menti su riportati che possa essere con–
siderato secondario rispetto agli altri;
il
minimo che si possa dire è, caso mai,
che esso è ancora parziale, incompleto.
La vecchia e dibattuta questione della
specializzazione (necessaria sul piano del
lavoro concreto, dannosa su quello della
formazione professionale, ancora più ne–
gativa su quello dell'elevazione culturale
generale delle masse) e quella molto più
recente, e ancora tutta da precisare e
analizzare, della cultura
promossa
e
con–
trollata
da organismi pubblici (quindi
appoggiati e finanziati con
il
pubblico
denaro), sono problemi di carattere
fin
troppo generale per poter essere appro–
fonditi entro i limiti di questo articolo.
Il primo è un problema di indirizzo cul–
turale,
il
secondo un problema socio–
politico di istituzioni. Entrambi, tutta–
via, è utile dire che sono fonte di con–
traddizioni dalle quali la società contem–
poranea non mostra ancora di saperne
uscire.
Funzione della cultura
Un recente convegno di studi tenutosi a
Milano ha denunciato, in questo settore,
una situazione di crisi per risolvere la
quale ancora molta strada deve essere
percorsa.
Si tratta di una preoccupante tendenza
a sottovalutare la profonda correlazione
esistente tra cultura e funzioni dirigen-
ziali nella società e, ancora di pm, tra
cultura ed emancipazione dei ceti subal–
terni. Il che significa, né più né meno
ignorare l'effettiva funzione della cultura
nell'ambito della vita sociale e in rela–
zione al suo sviluppo reale.
È
appunto nelle città ad elevato grado
di sviluppo industriale che queste ten–
denze e contraddizioni si rivelano in ma–
niera più concreta, con più evidenti se–
gni di direzione.
Tralasciando per il momento questi pro–
blemi di ordine generale sui quali con–
verrà tornare in seguito, tre mi paiono
le questioni di più immediata accessibi–
lità ai fini di un'analisi obbiettiva della
situazione in relazione ai non facili e non
pochi compiti che si pongono a chi vo–
glia affrontare in sede operativa
il
pro–
blema della cultura in una città indu–
striale:
1.
la divisione sempre più netta «per
éUtes» della città industriale;
2.
l'immissione nella vita cittadina delle
nuove generazioni sia nel campo della
ricerca e dell'attività professionale che
del lavoro;
3. i mezzi di comunicazione a rapida
diffusione - livellamento linguistico ed
espressivo - unificazione dei contenuti e
delle fonti di comunicazione.
I tre punti sono chiaramente ed intima-
mente legati tra di loro, ed è interessan–
te analizzare questi legami:
la divisione per élites è in termini di
analisi scientifica del fenomeno di con–
traddizione più vistosa, il maggiore pa–
radosso cui dia luogo lo sviluppo in–
tensivo di industrializzazione di un
conglomerato urbano. Mentre, infatti, la
concentrazione della manodopera e
il
suo
sfruttamento programmato e razionaliz–
zato al massimo punta alla produzione
dei beni strumentali e di consumo su
larga scala, questa stessa concentrazione
tende ad eliminare dal godimento dei
benefici dell'industrializzazione, sul pia–
no formativo e culturale, proprio la me–
desima massa lavoratrice che è l'effettiva
produttrice del benessere. Il lavoro rigi–
damente programmato, le condizioni ge–
neralmente alienanti dei ritmi produttivi,
la concentrazione intensiva dei grandi
quartieri operai urbani, la stessa ubica–
zione dei complessi di abitazione, i mez–
zi di trasporto ad essi legati, ecc. fanno
sì che scarsissima o quasi nulla sia la
disponibilità per queste
~asse
di centri
formativi sul piano culturale. L'effetto
immediato di questa situazione è dupli–
ce: in primo luogo quello di accentrare
unicamente nel centro cittadino le isti–
tuzioni culturali più varie e valide (a
disposizione, è evidente, della popola–
zione privilegiata), in secondo luogo,
quello del livellamento totale dei
conte-
nuti
e dell'
espressione
(del linguaggio,
della forma espressiva e persino del
mezzo
di comunicazione). Un livella–
mento, oltretutto, che è anche
unifica–
zione,
elementarizzazione, omogeinizza–
zione del messaggio culturale. Da qui
l'impero dei cosiddetti mass-media (TV,
giornali, cinema, pubblicità).
Ragioni di mercato
Ciò che ho chiamato «divisione per éli–
tes» della città industriale riguarda, ap–
punto, i mezzi di comunicazione di mas–
sa, sia come disposizione del mercato ad
appropriarsene, sia come fenomeno di
disponibilità
per un ceto piuttosto che
per un altro.
In
altre parole
il
livello
medio della disponibilità culturale (dei
mezzi di cultura) è tenuto a determinati
indici in stretta relazione con il livello
medio sociale della popolazione.
Il fenomeno comporta, naturalmente,
precise ragioni di mercato, ma anche di
politica generale (economica, educativa,
urbanistica, ecc.).
Da queste ragioni sommariamente espo–
ste è lecito ricavare un preciso insieme
di problemi che riguardano principal–
mente una
divisione
dei mezzi e stru–
menti di cultura che non è errato de–
finire
artificiosa.
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