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N'uo.,i

rapporti tra

eultura

Far penetrare la cultura in ambiti sempre plU estesi

-

Specie e sottospecie del genere "cultura" - I rischi della

civiltà tecnologica e del consumismo - Sistemi efficaci

di informazione ed occasioni stimolanti - Cultura ed

emancipazione dei ceti subalterni - Coordinamento di

una effettiva politica culturale - Diventare produttori di

cultura - La nobile funzione delle associazioni culturali

Il problema della promozione, dell'ade–

guamento culturale di una città in forte

sviluppo industriale non è soltanto to–

rinese: tutti i grandi centri, anche se

in differente misura, si trovano oggi di

fronte a una necessità di questo tipo,

perché lo sviluppo tecnologico corre più

veloce di quello sociale, umano e intel–

lettuale.

È

una corsa a inseguimento i

cui protagonisti sono perennemente in

moto e non possono perdere una sola

battuta.

Tocqueville, un secolo e mezzo fa, già

si poneva la questione, pur di fronte a

un'America ancora interamente rurale:

dovevano passare ancora due generazio–

ni prima che la grande industria comin–

ciasse a dominare la scena americana.

Egli tuttavia già manifestava il dubbio

che nella società moderna la cultura po–

tesse incontrare limiti e costrizioni mol–

to più pesanti di quelli esistenti ai suoi

tempi. La profezia di Tocqueville, secon–

do alcuni influenti esponenti della socio–

logia contemporanea, si è avverata com–

pletamente. Bramson, per esempio, af–

ferma che le masse non hanno raggiunto

quelle vette culturali che avrebbero po–

tuto conquistare. Questo autore, lungi

dall'idealizzare le masse, vede nel loro

adattamento alla società industriale uno

spreco di tempo, un'immensa dissipazio–

ne che si celebra nei

«tuguri culturali,

22

nel sottobosco del cinema, dei fumetti,

delle canzonette, della televisione e del–

la stampa gialla

». Da ben diversa po–

sizione parte invece il Marcuse il quale

rifiuta questa visione apocalittica, ritiene

indispensabile la continuazione dello svi–

luppo tecnologico e di una base tecnica

nella formazione del cittadino anche se

è convinto che questa base vada rico–

struita e ampliata in vista di scopi dif–

ferenti, e che appunto in ciò stia il mu–

tamento qualitativo da perseguire.

Il Bell, da parte sua, aggiunge:

«Anche

ammesso che la società di massa sia fatta

a compartimenti stagni, e che sia super–

ficiale sul piano dei rapporti personali,

tutta orientata verso le cose,. mobile e

affamata di prestigio sociale,

è

doveroso

però mostrare l'altra faccia della meda–

glia: il diritto alla

privacy

e la libertà di

scelta dell'occupazione che essa assicura,

il fatto che la posizione sociale vi venga

acquisita sulla base del merito e non su

quella della nascita, la pluralità delle

norme di condotta e dei criteri di giudi–

zio con cui essa ha sostituito il controllo

sociale esclusivo e monopolistico di un

solo gruppo dominante. La descrizione

che i critici aristocratici fanno della de–

generazione subìta dalla cultura moderna

per effetto delle concessioni al gusto po–

polare

-

una descrizione che omette di

segnalare quanto sia aumentato in genere

ai nostri tempi il rispetto e l'apprezza–

mento della cultura

-

è

decisamente

esagerata

».

Comunque anche gli «ottimisti» come

il BelI non si nascondono le difficoltà di

far penetrare la cultura in ambiti sem–

pre più estesi, di creare più efficienti

canali di comunicazione, di sollecitare

l'uomo che non faccia di professione l'in–

tellettuale al dibattito

d~l1e

idee.

La rivista

T orino

ha voluto aprire una

discussione sul tema «La cultura nella

città indus triale », chiamandovi a par–

tecipare personalità di tutti i settori:

professori universitari, industriali, edito–

ri, responsabili di organizzazioni cultu–

rali, urbanisti, scrittori, sociologi, gior–

nalisti e critici, riuniti in una tavola

rotonda o attraverso dichiarazioni. Ognu–

no ha portato il suo contributo ideolo–

gico sorretto dall'esperienza personale nei

campi più diversi , e tuttavia legati da un

comune denominatore, quello della cul–

tura in una città problematica come To–

rino. Nessun limite è stato posto alla

discussione e il lettore potrà cogliere di–

vergenze di opinioni, diversi modi di

affrontare il complesso problema. Ma

anche negli interventi in cui si manife–

sta reticenza, o addirittura scetticismo,

nel proporre soluzioni, si potrà cogliere

l'utilità dell'iniziativa della nostra rivi–

sta di far parlare, di avviare l'impegna–

tivo discorso. Protagonista del dibattito

è il cittadino con le sue esigenze di pro–

mozione economica e sociale, di avanza–

mento, di riscatto culturale.

Dobbiamo sottolineare che tutte le per–

sonalità invitate al «colloquio» hanno

accettato volentieri, ìndice della viva sen–

sibilità per i problemi della città, della

volontà di contribuire a una migliore

strutturazione della vita intellettuale del–

la metropoli in cui viviamo. Una smen–

tita, se ancora era necessaria, al luogo

comune della separazione, della frattura

che esisterebbe fra l'élite culturale e la

popolazione nel suo complesso. E ci

sembra, questa, la considerazione che

più va rimarcata.

Giancarlo Carcano

Ettore Passerin d'Entrèves

Ciò che più colpisce lo storico, che ri–

vendica per sè il diritto di capire qual–

cosa del presente, nel momento stesso

che si sforza di appropriarsi dei doni del

passato, è, oggi, la stupefacente rapidità

del succedersi di specie e sottospecie del

genere «cultura ». Lascio al collega so–

ciologo il compito di definire in astratto

la cultura, ma difendo il diritto di dare

un senso sia pur vago dell'immensa com–

plessità del « farsi» della cultura: della

complessità di un divenire, che si arti–

cola in mille traiettorie non parallele, non

predeterminate, non dirette verso un ber–

saglio noto, ma verso l'imprevisto. La