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Giuseppe Grosso:

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Ora ritengo che il problema che io come sindaco della

città debbo pormi a conclusione di questo dibattito è:

che cosa si può fare appunto per interpretare queste

esigenze della città di T orino e che cosa può fare l'am–

ministrazione civica?

Del resto Einaudi ha direttamente posto un invito ed

un quesito. Il senso di sgomento che ha fermato Anto–

nicelli di fronte alla complessità del problema, e anche

Einaudi ha raccolto, deve rendere cosciente pure una

amministrazione civica, di tutti gli aspetti del problema

e delle difficoltà di esso; e anzitutto della esigenza di

non costituire un altro centro di potere che voglia cen–

tralizzare, ma bensì (scusate il bisticcio) un centro di

decentramento. Si afferma cioè il dovere dell'ammini–

strazione di offrire le possibilità perchè si molti–

plichino gli sviluppi culturali e l'autonomia cultu–

rale.

Certo oggi noi ci troviamo di fronte ad una situazione

che è resa anche difficile dalle tendenze che lo sviluppo

della società attuale porta in quelli che sono stati chia–

mati «i consumatori» della cultura. Abbagnano ha

detto che un condizionamento esiste ed è quello di chI

riceve il prodotto culturale. Il punto da cur

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sono

partito, e che è stato raccolto anche da Antonicelli,

ci offre la possibilità di un confronto.

Torino, dopo la prima guerra mondiale, è stata effet–

tivamente un centro di iniziative culturali e di vita

culturale molto intenso, sotto tutti gli aspetti e con

connessione fra di essi. Ho ricordato Gobetti, Gramsci,

e le iniziative di cultura che c'erano, sia in un ambito

non qualificato ideologicamente, sia nel campo socia–

lista che in quello cattolico, che in quello liberale e

repubblicano; e notate che certi settori dei primi fa–

scisti, non quelli che hanno rappresentato puramente

una reazione, ma tutta una parte che veniva da diversi

movimenti, anche dagli anarchici, presentano un certo

travaglio culturale (ricordiamo ad esempio Massimo

Rocca

-

Libero T ancredi

-

e Mario Gioda). Centro

vivo di incontri di cultura politica, ma anche centro

vivo di una cultura che irradiava in tutti i campi; e

possiamo ricordare i movimenti artistici: la scuola dr

Casorati, il gruppo dei Sei di Torino e così via,' movi–

menti artistici che cercavano di portare a Torino una

vita culturale nuova, e questi vari aneliti erano tutti

collegati.

Dopo la seconda guerra mondiale questo fenomeno non

si è ripetuto, nonostante lo slancio e la passione rico–

struttiva nella riconquistata libertà. Qualche ragione

storica ci deve essere. La vedo nel fatto che dopo la

prima guerra mondiale si è manifestata quella conte–

stazione per cui questi uomini, soprattutto i giovani,

cercavano la loro via, e quindi a.vevano autonomia cul–

turale. Mentre la tendenza che si è avuta dopo la se·

conda guerra mondiale è stata

-

nei grandi movimenti

ideologici in campo internazionale

-

di recepire delle

dottrine dei vari partiti, che vengono presentate già

complete nella loro pienezza. In fondo il consumatore,

anche nel campo delle idee, si è un po' uniformato alla

produzione di massa. Questa è una posizione che può

rendere più difficile il compito, ma che, d'altra parte,

risponde a questa era moderna.

Il problema che l'amministrazione civica deve porsi

è quello di promuovere e di incrementare lo sviluppo

e la diffusione della cultura, ma anche di fare in modo

di non creare una nuova centrale

-

sia pur fatta da

centri di poteri diversi, cioè da compromessi ideologici

- di prodotti confezionati da scegliere. Che si abbia

un solo prodotto confezionato da scegliere o che se ne

abbiano quattro o cinque, non c'è grande differenza, na–

turalmente è sempre meglio averne di più, però sarebbe

una differenza quantitativa, non qualitativa.

La difficoltà consiste nel promuovere queste iniziative,

svilupparle e fare in modo che si producano organica–

mente, però conservando l'autonomia.

Il suggerimento che ha dato Einaudi è precisamente

uno dei progetti che l'amministrazione civica qui a

Torino si propone. Naturalmente nei limiti che si op–

pongono alle amministrazioni comunali. Noi speriamo

di potere avere entro i due prossimi anni una prima

attuazione di una delle biblioteche da stabilirsi nei vari

centri, nei vari quartieri di T orino. Si pensa di accom–

pagnare queste biblioteche con una sala per proiezioni,

per rappresentazioni teatrali, per letture, per discus–

sioni, in modo da dare la possibilità di dibattiti, e rea–

lizzare una pluralizzazione di centri vivi in cui ci si sen–

ta spinti da interessi di cultura autonomi.

Le vie da percorrere

Altro punto sarà quello di diffondere i mezzi di comu–

nicazione nel campo della cultura. Uno di essi può

essere il teatro. Il Teatro Stabile non è sufficiente; però

è già una iniziativa che può servire da termine dr pa–

ragone. Nel Teatro Stabile si è composta una direzione

di uomini di cultura di vario indirizzo ideologico.

Una delle ,vie da percorrere sarà anche quella di dif–

fondere la conoscenza dell'arte. Bisognerà organizzare

delle mostre avvicinando a diversi pubblici i movimenti

moderni, in modo che ci possa essere un dibattito su

questi, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle fab–

briche, sì da dare la possibilità a molti uomini di ve–

dere, discutere, anche di respingere se vogliono, per la

massima libertà che ciascuno deve avere.

lo credo che la moltiplicazione di queste iniziative

-

e

un certo incoraggiamento a tutte le iniziative che sor–

gono spontanee, con la sola garanzia che queste pre–

sentino una serietà e non siano puramente delle stru–

mentalizzazioni per altri fini

-

siano i migliori stru–

menti, sia pure imperfetti, di cui può disporre l'am–

ministrazione comunale.

Il compito principale

Più esitante sono ad accogliere l'invito che da talune

parti mi viene fatto, di creare un organo di coordina–

mento.

È

opportuno che ci sia; ma c'è il pericolo di

trasformarlo in un ministero della cultura popolare che,

anche se a livello comunale, sarebbe nefasto. Bisogna

cioè che sia un centro che raccoglie e che cerca di svi–

luppare le iniziative; ma il difficile è poi resistere all::t

tentazione di plasmare e formare il contenuto. Sono

quindi da questo punto di vista un po' esitante ad

instaurare una politica culturale del comune in questo

senso.

Ritengo però che il compito principale

-

ed in que–

sto caso ho raccolto la voce che qui è generale

-

è

quello di favorire lo sviluppo e la diffusione della cul–

tura, ma non sotto forma di diffusione di prodotti già

confezionati, bensì sotto forma di stimoli a creare e

moltiplicare i centri di vita culturale.

Lo scopo sarebbe che la massa si muovesse nel senso

che ogni uomo sentisse in se stesso degli stimoli di

vita culturale propria.

Non si potrà arrivare a questo estremo, ma si può

arrivare alla stessa valorizzazione dell'uomo cercando

di moltiplicare i centri di cultura.

lo ritengo che questa è la via che si può additare al–

l'amministrazione comunale di Torino. L'amministra–

zione ha bisogno dell'aiuto di tutti quelli che posseg–

gono strumenti e mezzi; l'essenziale sta nel saper rac–

cogliere e catalizzare questi aiuti, richiamando tutti al–

l'imperativo che non si deve mirare solo a esplicare

centri di potere, ma si deve fare in modo che ciascuno

sia contenuto e condizionato in questa opera di aiuto,

cioè che aiuti a moltiplicare i centri di cultura nel ri–

spetto dell'autonomia della cultura; e credo che questo

sia possibile.

Penso che questa sia la conclusione che si può trarre

da questa vostra interessante discussione e partecipa–

zione, per la qualf( a nome della Città e della Rivista

vi ringrazio.

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