

dello sviluppo culturale concomitanti con lo sviluppo
sociale e industriale della città.
Perché, e lo dico ora, sono concorde con Abbagnano
nel dire che la cultura si sviluppa più validamente là
dove più intenso ferve il lavoro. Torino ha perciò
maggiori possibilità di qualsiasi altro centro nazionale
di sviluppare una cultura moderna, nuova, vitale.
Se dovessi dire quale tipo di cultura meglio si attaglia
alle caratteristiche della nostra città, mi troverei forse
nell'imbarazzo: ma questo perché la cultura è indivi–
sibile, essa comprende tutte le componenti del sapere,
così come si sviluppano in quel determinato momento
della storia della società. Oggi prevalgono le tendenze
e le esigenze
di
un sapere scientifico: la ricerca è
prevalentemente tecnologica. Ma come i computers
aiutano a risolvere certi problemi, ad esempio, di
marketing, così possono facilitare le ricerche di ana–
lisi del linguaggio, oppure possono essere utilizzati
nella ricerca sociologica, antropologica, o in indagini
attinenti lo sviluppo economico. Il prevalere di una
particolare strumentazione, volta a fini di ricerca tec–
nica e scientifica, non presume che in quel momento
tutta la cultura debba essere tecnicistica o scientifica.
Lo sviluppo della cultura della città è legato al pro–
gredire delle nuove tecniche: ma tale cultura può
essere aperta agli interessi più disparati, nulla impone
che essa sia univoca.
Detto questo, per finire e per toccare un altro punto
essenziale, cioè quello dell'autonomia legata ad un
decentramento, ad un pluralismo di iniziative, direi
che sarebbe bene che questi temi venissero discussi
qui in Comune, in seduta pubblica consiliare. Si
riuscirebbe così a individuare certi desideri, aspira–
zioni, tendenze che potrebbero, se sviluppati, far
divenire Torino città pilota nella sperimentazione di
un decentramento culturale, di un allargamento della
informazione e della partecipazione attiva della popo–
lazione cittadina alla vita culturale.
Perché in questa città che diventerà sempre più grande.
anche se non proprio una megalopoli, perché a Torino
non si favorisce
il
sorgere
di
centri culturali di nuovo
tipo, che possano servire da luoghi
di
incontro e
di
dibattito, per mostre o audizioni musicali, per rappre–
sentazioni teatrali, forniti di una biblioteca, legati in
modo organico alla scuola e all'industria, sovrattutto
nei quartieri dove quest'ultima è in difetto nel campo
dell'assistenza culturale e dell'organizzazione del tempo
libero? Penso a centri democratici di cultura che do–
vrebbero sorgere anche colla collabobrazione di isti–
tuzioni private, le quali, nell'atto stesso in cui erogano
contributi, cedono ogni responsabilità di gestione e
di sviluppo agli organi democratici dell'amministra-
.
. .
zlOne CiVica.
Questa può essere una prospettiva di sviluppo cul–
turale che potrebbe fare di Torino un esempio nuovo,
un esempio pilota di progresso.
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«Torino, dopo la prima guerra mondiale
è
stata effettivamente
un centro di iniziative culturali;
centro vivo di una cultura che irradiava
in tutti
i
campi,
e di movimenti che cercavano di portare
nella nostra città una vita culturale nuova»
«Dopo la seconda guerra mondiale
questo fenomeno non si
è
ripetuto nonostante lo slancio
e la passione ricostruttiva
nella riconquistata libertà.
Il fatto
è
che il consumatore
anche nel campo delle idee,
si è un po' uniformato alla produzione di massa»